1. Il nuovo Kadmos.

Il progetto di dare vita a una rivista è un segnale forte dell’Istituto per gli Incontri Culturali Mitteleuropei (ICM) per conferire nuova linfa a un antico disegno nello spirito che ha sempre contraddistinto le iniziative e la stessa ragion d’essere dell’I.C.M. Per molti non sarà certo necessario presentare l’attività dell’Istituto che opera dal 1966 e ricordare i numerosi convegni che sono stati organizzati a partire dal primo, sulla Poesia, fino a quello, il 55mo, i cui contributi sono raccolti nel primo e nel secondo numero di Kadmos. Nemmeno sarà necessario ricordare come Gorizia sia un luogo simbolico, non solo per le sue ricchezze artistiche, paesaggistiche, culturali ed enogastronomiche, ma anche perché è segnata dal passato della Prima Guerra e dalle tragiche vicende che hanno portato alla Seconda.  Per Gorizia l’esito è stato una linea di confine tracciata in una notte, un solco che ha diviso trapassandola nel mezzo: da un lato la Gorizia inserita nel contesto dell’Occidente e dall’altra la Nova Gorica, estrema propaggine dell’Oriente. Gorizia viene posta su una faglia che non è geografica ma anzitutto culturale e simbolica: l’Occidente luogo della trionfante società liberale e democratica, tollerante e aperta, individualista e brillante; l’Oriente luogo dell’oppressione e del dispotismo, del comunismo e della repressione, del grigiore e del controllo.

Gorizia è, invece, molto altro. Un territorio, la Contea di Gorizia, Grafschaft Görz, Goriška Grofija, Contee di Gurize, con un cuore per secoli mai attraversato da confini, in cui sloveno, friulano, tedesco e italiano non erano nazioni o etnie ma lingue, che si intrecciavano e si affiancavano nel gioco dell’interazione quotidiana, della cooperazione in una comune appartenenza. Come scriveva Konstantin Frantz nel 1879, in un’epoca dunque di nazionalismi esasperati, non si può parlare delle Alpi del sud come se queste fossero mura e non invece “una larga cintura nella quale elementi tedeschi, romani e slavi si danno la mano“[1]. Da questo intreccio nasce la profonda affinità e risonanza della realtà originaria di Gorizia con la Mitteleuropa. Tutte e due sono composte da una pluralità non riducibile al vuoto cosmopolitismo che caratterizza gli “anywhere”, i cittadini del mondo, ricchi abbastanza per stare bene ovunque e mandare figli in qualche università americana, protagonisti di una cultura globalizzata ed appiattita su un unico, omogeneo, modello; d’altra parte questa pluralità non è   giustapposizione di comunità prigioniere dentro identità impermeabili l’una all’altra anche se fisicamente vicine. L’uomo mitteleuropeo non fa parte dei tetragoni “somewhere” che non tollerano ciò con cui non possono identificarsi, e nemmeno abita le piccole enclave più o meno virtuali che, come isole fortificate nel mare della Rete, si ritirano nella reciproca incomunicabilità. L’uomo mitteleuropeo partecipa di identità multiple, ha radici complesse e intrecciate, si giova di strumenti linguistici ricchi: la comunicazione interlinguistica tra i popoli mitteleuropei si è realizzata su vasta scala, perlomeno nelle realtà culturalmente centrali, e rimane un punto di riferimento e un modello per l’Europa. Così Gorizia è anche un simbolo: quello dell’incontro e della convivenza, della differenza che non è contrapposizione ma è la base (e il bello) della comunicazione, del conflitto ma anche dell’attrazione.

 

  1. Un nome, un mito e una storia

Kadmos è il nome dell’Informatore Mitteleuropeo che I.C.M. nel marzo del 1990 ha presentato al pubblico. Così si legge nel numero 1: «il nome che si legge nella testata trae significato da un mito, e dalla profonda verità che ogni immagine mitica nasconde. Antichi poeti e storiografi greci hanno narrato la storia di Cadmo, fratello di Europa, il quale cerca la sorella rapita da Zeus e la ritrova sotto mutate sembianze dopo avere risalito il corso del Danubio, fino al centro dell’Illiria. La riprende con sé, le restituisce la sua natura originaria, e dopo l’ardua impresa sposa la dea Armonia, quasi a suggelare la felicità raggiunta. Alcuni scrittori latini rielaborano il mito di Cadmo e di Europa: fra essi, in forma definitiva, Ovidio, il poeta romano che fu costretto all’esilio e scese il Danubio in senso inverso al viaggio di Cadmo, fino a Tomi sul Ponto, oggi Costanza sul Mar Nero, in Romania. La filologia dà al mito un ulteriore significato, svelandoci che la radice di “Cadmo” è dal fenicio qudem, ossia “oriente”. La storia, splendente nella sfera dell’immaginario, accoglie i termini di ciò che la Mitteleuropa oggi vuole essere. L’Oriente che cerca l’Occidente, l’Occidente che cerca l’Oriente, un’Europa ritrovata in armonia»[2]

Kadmos non è Europa ma salva Europa. La Mitteleuropa, raccolta nell’immagine del viaggio di Cadmo, è il luogo dell’incontro tra Oriente e Occidente.  Un’idea che ha avuto diverse declinazioni e che viene illuminata in riferimento al contesto in cui ICM ha inizialmente operato tenendo presente quanto Milan Kundera ha scritto per la New York Review of Book nel 1984[3]. Storicamente e geograficamente, afferma, l’Europa è sempre stata divisa in due metà che si sono poi evolute separatamente: una legata all’antica Roma e alla Chiesa Cattolica, l’altra a Bisanzio e alla Chiesa Ortodossa. Dopo il 1945, il confine tra le due Europe si è spostato di varie centinaia di chilometri verso ovest, e molte nazioni che si ritenevano parte dell’occidente, hanno scoperto che improvvisamente dovevano ritenersi orientali[4]. Mitteleuropa sarebbe così il confine orientale dell’Occidente; per Kundera è il modello per l’intera Europa perché ne incarna e sintetizza l’unica regola: la più ampia varietà nel più piccolo spazio.

 

  1. Dopo il muro.

Il senso della “salvezza dell’Europa”, che Kadmos/Mitteleuropa opera, è molto diverso ieri da oggi. Molte cose sono cambiate: negli anni 90 si sentiva ancora l’eco delle pietre del Muro di Berlino che cadevano e le immagini delle folle che si accalcavano e arrampicavano per incontrarsi e abbracciarsi erano ben presenti negli occhi di tutti. La definitiva vittoria dell’Occidente, della democrazia liberale e del capitalismo, consacrato dal Washington Consensus, non aveva, tuttavia, accecato gli sguardi degli uomini e degli intellettuali animatori di I.C.M. Il trionfo del capitalismo e lo sviluppo economico che investiva anche i territori una volta oltre-cortina, il libero scambio delle merci, la compenetrazione economica sono state viste come conquiste importanti ma anche fragili: insufficienti per costruire l’Europa se non accompagnate da una compenetrazione culturale profonda, possibile soltanto promuovendo forme di dialogo e confronto, costruendo ponti, intensificando le reciproche relazioni.

Sono gli eventi felici della trasformazione e della caduta dei muri, insieme con la consapevolezza della necessità del dialogo tra le culture della Mitteleuropa che segnano la nascita dell’Informatore Mitteleuropeo con cui I.C.M. si propone appunto di rendere feconda questa nuova libertà dotandosi di uno strumento per superare l’incomunicabilità tra culture diverse. È qui importante sottolineare come superare l’incomunicabilità non significava ieri e non significa oggi superare le differenze. L’Informatore Mitteleuropeo nasceva dalla consapevolezza del significato della tradizione mitteleuropea spazzata via dalla frattura tra i due blocchi e ancora interamente da recuperare: superare l’incomunicabilità voleva e vuole dire far rivivere la cultura mitteleuropea.

Come si evince leggendo gli interventi di quel primo Informatore e gli Atti dei numerosi Convegni organizzati da I.C.M., caratteristica della cultura mitteleuropea è la varietà dei costumi, delle tradizioni che convivono nel riconoscimento reciproco, dove le appartenenze sono multiple senza escludere il legame con un’unica patria. La Mitteleuropa, così intesa, è un mondo multicentrico, che nel suo insieme si fa centro di irradiazione civile oltre ogni confine. In un apparente paradosso, la centralità della Mitteleuropa è il suo stesso policentrismo ad alta intensità ed energia: più che un punto di incontro, una cultura individuale che tuttavia assume forme profondamente diverse perché diversi sono gli ambienti in cui si sviluppa e molteplici le sue ibridazioni. La riflessione su questi temi operata da I.C.M. fin dall’inizio, ha sviluppato una particolare sensibilità e una più profonda consapevolezza della complessità: l’ottimismo della definitiva vittoria della libertà, della democrazia e del capitalismo, non bastano a costruire l’Europa se manca un modello di come possano convivere culture diverse sviluppando una positiva sinergia e di come la crisi di questa esperienza o il suo oblio abbia generato e possa ancora generare drammatiche e potenti tensioni culturali e politiche. L’Informatore, con la direzione scientifica di Quirino Principe, è stato un tassello importante per ricostruire e far conoscere la cultura mitteleuropea: una pubblicazione pluri –linguistica, destinata ad apparire in ungherese, in ceco, in tedesco, in sloveno e in italiano.  Una scelta, questa, che rispecchia l’intento di valorizzare non solo le singole lingue della Mitteleuropa ma, con e dietro queste, le esperienze culturali specifiche di ogni popolo, nell’ottica del dialogo che solo permette la ricerca delle affinità, l’esplorazione di ciò che accomuna ma anche distingue. Il dialogo che sostanzia la Mitteleuropa.

 

  1. Studi Mitteleuropei

Già alla fine degli anni Novanta la situazione è mutata. Le speranze suscitate dalla caduta del Muro sono state notevolmente se non tradite, perlomeno ridimensionate. Nella seconda edizione di Kadmos. Studi mitteleuropei, uscito nel 2001, si ricorda quanto «fragile possa apparire il disegno di un’Europa concepita ancora prevalentemente sotto il profilo economico e amministrativo. I tragici eventi che hanno ridisegnato la mappa dei Balcani rappresentano la spina più dolorosa. Essi dimostrano che l’economia e la politica nel modo in cui vengono oggi troppo spesso intese, sono rimedi deboli e provvisori: possono lenire le ferite, non curare il male. Il problema ha un’altra radice, affonda nella logica dei confini, nel contrasto etnico, negli schieramenti ideologici e religiosi, in quel fitto intreccio di contraddizioni che, a partire dall’Ottocento, ha segnato lo sviluppo e le distorsioni dell’idea di Nazione.»[5]

La caduta del Muro non ha portato ad un periodo di pace ma a un periodo di instabilità, in cui è emersa la forza e la persistenza di identità chiuse e intolleranti, violente ed assassine. Sotto lo strato sottile dell’ideologia e delle forme di memoria collettiva omogenee e funzionali agli assetti politici del blocco sovietico sono apparsi nazionalismi artificialmente rivitalizzati e capitalizzati da attori politici privi di scrupoli. Appena un poco più velati sono stati i nazionalismi degli stati europei che hanno risposto alla rinascita di nazionalismi violenti in modo debole e in ordine sparso, rivelando il vuoto e l’impotenza di un Europa incapace di trovare un’identità e un ruolo.  Per questo la sfida della rivista, che ha un carattere diverso dall’Informatore, è stata importante: raccoglie interventi di alto livello scientifico, addentrandosi in temi complessi che investono la cultura mitteleuropea, nella consapevolezza del ruolo che questa cultura è chiamata a ricoprire per disegnare l’identità dell’Europa. Molti sono i saggi che sono contenuti nella Rivista: ricordo quello illuminante di Egon Schwarz Che cosa non è la Mitteleuropa[6], in cui viene analizzato il modo in cui in contesti diversi si è declinata la realtà della Mitteleuropa, oppure saggi più specifici che toccano autori e temi caratteristici della cultura mitteleuropea di cui si esplorano le dinamiche e le contraddizioni, ricostruendo i diversi tasselli di cui si compone l’unico grande mosaico dell’Europa.

 

  1. Vecchi e nuovi muri.

Oggi non siamo nell’epoca dell’abbattimento dei muri ma in quello della costruzione di muri nuovi. L’Europa è cambiata e non rappresenta più ulteriormente l’“Occidente”, ma  piuttosto una “potenza di mezzo”[7] posta tra l’ Occidente, rappresentato da un’America, forse più lontana e disinteressata, e da una Gran Bretagna che non partecipa più al progetto europeo da una parte,  e dall’altra un Oriente che sembra essersi chiuso rispetto alle promesse di democrazia che si erano profilate con Gorbaciov e da cui fa capolino ancora la antica figura del dispotismo orientale, nel nome di Vladimir Putin. L’Europa “potenza di mezzo”, col suo cuore tedesco, non ha portato affatto pacificazione interna, ma ha fatto nascere antichi fantasmi, che si pensavano scomparsi. Primo fra tutti quello della “potenza di mezzo” stessa, ovvero della Germania, la cui egemonia ormai riconosciuta le dona un ruolo che, se interpretato in una logica imperiale fondata sull’idea dello “spazio centrale”[8], trasforma la Mitteleuropa in una periferia instabile, possibile teatro di conflitti armati “purché limitati a realtà locale”[9].

Non appena l’equilibrio fragile dell’economia, la promessa di un maggiore benessere per tutti gli europei, ha scricchiolato con la crisi del 2008, i fantasmi incatenati sul fondo si sono liberati: abbiamo visto riemergere forme di nazionalismo che hanno re-interpretato i peggiori cliché e fatto risorgere immagini di inquietante violenza. D’altra parte si ripresenta il disprezzo nordico per i “Pigs” da rieducare, che ha riportato in luce triti stereotipi: i paesi del sud Europa sarebbero, per natura, parassitari e corrotti, incapaci di badare a se stessi. I nazionalismi, risorti, hanno prodotto partiti che sono al governo in molti paesi e che esprimono realtà chiuse; i movimenti “identitari” sbandierano cultura e appartenenza non come basi per aprirsi a un dialogo ma come barriere che escludono e respingono. La crisi del Covid ha fatto poi risorgere i confini, come anche a Gorizia si è visto, ed ha fatto vacillare per un momento l’intero progetto europeo.  I timori che hanno animato l’intera impresa di Kadmos  si sono rivelati, insomma, ancora e sempre fondati.

 

  1. Ancora Kadmos.

Il progetto di rilanciare Kadmos  nasce in questo clima e si lega a una domanda: perché recuperare questo mito, in che senso può la Mitteleuropa salvare ancora Europa?  Vi è un libro famoso e profetico, scritto nel 1923 e pure interamente pensato in un’ottica globale, che ci dà un importante stimolo di riflessione.  Paneuropa di Koudenhove Kalergi, è una lucida analisi della situazione politica europea tra le due guerre da cui l’autore trae la convinzione che il progetto di Pan Europa sia una scelta obbligata, la cui unica alternativa è la guerra e la conseguente periferizzazione dell’Europa intera trasformata in oggetto delle politiche di altri, ben più forti, soggetti, che l’autore individua abbracciando un’ottica planetaria, oggi diremmo globale. Una profezia interamente avverata con la contrapposizione tra i due blocchi. Ma non è tutto: Koudenhove Kalergi vede nei paesi originati dalla dissoluzione dell’Impero Austro – Ungarico la cellula germinale dell’Europa: una nuova sintesi che farebbe intravedere un modello di Europa caratterizzato da solidarietà e uguale rispetto verso l’esterno e dall’indipendenza verso l’interno, dove la comunità politica è una ricerca volta al futuro e caratterizzata dal dialogo e non uno stabile possesso o tantomeno espressione di rapporti di forza. Un modello che esclude, dunque, per definizione, l’esistenza di posizioni egemoniche, di un centro nazionale attorno a cui ruotano molte periferie.

La Mitteleuropa non è, dunque, solo un’idea utopica, un vuoto no where dove si agglutinano vane speranze o vaghe idealità. Ha invece un ruolo politico, è il soggetto politico necessario per far nascere un’Europa caratterizzata dall’integrazione e non dall’egemonia, dove le diversità e differenze caratteristiche della Mitteleuropa si trasformano in forza centripeta e non sono insignificanti periferie in mezzo a forze contrapposte. La Mitteleuropa è manifestazione di particolarismi identitari legati alla terra, ai paesaggi, alle tradizioni e ai costumi; tuttavia queste periferie non sono chiuse in se stesse, ma aperte alle relazioni e alle complementarietà, alle differenze e alle appartenenze multiple. La periferia è il centro; ancora emblematiche le osservazioni di Kundera: «to die for my country and for Europe is a phrase that could not be thought in Moskow or Leningrad; it is precisely the phrase that could be thought in Budapest or Warsaw.»[10]  Budapest e l’Europa, Varsavia e l’Europa, Praga e l’Europa. Le due identità non si sovrappongono e non si contrappongono, si compenetrano e si rispecchiano potenziandosi a vicenda. Queste “centro – periferie” sono omogenee e agglutinate nella Mitteleuropa, formando una lunga striscia di territori che costituiscono un complesso unitario capace di centralità, almeno sul piano strategico e culturale, per l’intera Europa.

 

  1. Sinergie europee

Lo scopo per cui la rivista Kadmos viene fatta oggi rinascere resta, interamente, nello spirito di I.C.M.: quello del dialogo, del superamento dei confini, della conoscenza tra culture diverse, delle identità ibride, delle sfumature e di confini “porosi”. È evidente che questo lavoro da “costruttori di ponti” è oggi più urgente che mai: la rinascita dei nazionalismi con i loro tratti beceri e aggressivi impone la ricerca del confronto, impone la riedizione in forma nuova del progetto degli anni 90 e del 2001. Il contesto in cui si colloca è quello del distretto culturale, un esperimento pilota che raccoglie e rilancia verso il futuro la realtà unitaria dell’antica contea di Gorizia, esplorando forme di integrazione amministrativa e culturale che rispecchiano un unico microcosmo  ricco di luoghi e paesaggi, strade e montagne, cibi e vino che sostanziano la stessa terra per tutti quelli che ci vivono.

La nuova versione di Kadmos ha un obiettivo ambizioso: vuole essere la sintesi tanto dell’Informatore quanto della Rivista. La Rivista riprende il tono alto degli Studi mitteleuropei, di cui condivide gli intenti: indagare a fondo ciò che è stata ed ancora è la Mitteleuropa, impegnando intellettuali e studiosi ad approfondire, esplorare e rendere pubblici i risultati delle loro ricerche e riflessioni su musicisti, letterati, filosofi e scrittori che hanno sviluppato la cultura mitteleuropea nelle diverse componenti di cui è composta. In particolare, intende dare voce a studi sulla realtà originaria della contea di Gorizia e delle sue istituzioni, promuovendo ricerche e saggi che ne recuperino quel passato che non ha trovato posto nelle narrazioni ispirate a nazionalismi e unilateralismi ideologici. Intende, inoltre, stimolare la riflessione sull’identità europea nel rapporto sinergico e fecondo con le identità locali oltre la contrapposizione tra gli “anywhere” globalizzati e i tetragoni “somewhere” proponendosi come una piattaforma di dialogo e di dibattito a largo spettro.

Nella continuità con la Rivista. Studi Mitteleuropei il Kadmos che ora riproponiamo si chiama Studia, termine tratto dalla lingua latina, e scelto per molte ragioni.  Anzitutto perché il latino è la lingua universale, la prima ad essere parlata dai “clerici vagantes” nelle Università: da Colonia a Bologna, da Parigi a Coimbra, da Cracovia a Lisbona; è anche la lingua del primo esperimento europeo, il Sacro Romano Impero, una realtà pre-statuale nella quale possiamo cercare (e ritrovare) istruttive consonanze per l’Europa di oggi; da ultimo perché, se l’organizzazione politica e giuridica dell’Impero possono orientare la riflessione sull’Europa, le radici di questa affondano nella cultura classica, la fonte segreta da cui l’Europa trae nutrimento.

Un comitato scientifico garantisce la qualità delle pubblicazioni che sono, come ormai è consuetudine, sottoposte a revisione scientifica duplice. Nello spirito pluralistico che contraddistingue I.C.M. e Kadmos, la Rivista ospita articoli in tutte le lingue della Mitteleuropa, e il comitato scientifico è internazionale. Evidentemente una rivista di questo tipo è diretta, in primo luogo, ad un pubblico colto e ad esponenti del mondo accademico, ma non esclude chiunque possa essere interessato ai temi della Mitteleuropa.

 

  1. L’Informatore

La novità del progetto è l’Informatore Mitteleuropeo. Si tratta di uno strumento che richiama il primo Informatore, pensato come piattaforma per favorire il contatto, lo scambio e le informazioni tra soggetti, anche istituzionali, interessati a sviluppare il discorso sulla Mitteleuropa. Le potenzialità dell’Informatore di oggi sono molto più ampie. Le nuove tecnologie permettono di estendere lo spettro e le caratteristiche della comunicazione e dell’interazione ben oltre quanto poteva offrire l’Informatore degli anni Novanta. Il mezzo digitale, infatti, consente non solo di pubblicare testi scritti, ma anche di caricare materiali visuali, fotografie, piccoli film. Esso stesso è visione: prima di leggere si guarda e dell’Informatore si apprezzano le qualità estetiche, già piene di suggestioni e incanto.

L’Informatore e il suo ambiente visuale favoriscono forme di comunicazione più spontanee, capaci di restituire vissuti e impressioni, luoghi, paesaggi e incontri, memorie e testimonianze. Uno strumento, quindi, meno rigido, più aderente alla realtà odierna, di cui può ricostruire e restituire la trama. Questa trova espressione nelle forme della quotidianità, della narrazione personale, fatta di sfumature, di sguardi su oggetti e situazioni.  Insomma, quanto non trova posto in una rivista scientifica, ma che è forse anche più importante come strumento di scambio, di dono, di dialogo e di incontro tra culture: quanto può essere noto e familiare in certi contesti diventa nuovo e stimolante in altri, svela prospettive inconsuete o rivela situazioni ignote offrendo un luogo, seppure virtuale, di incontro. Per realizzare efficacemente tutto questo l’Informatore si è dotato di numerose redazioni locali che hanno il compito di raccogliere e stimolare la circolazione di materiali polivalenti, da quelli visuali a testi scritti, ricordi, cronache o, semplicemente, riflessioni.  Qui la varietà delle lingue, che supportiamo fornendo, tuttavia, il lettore di un sistema di traduzione automatico, rispecchia e sostanzia la varietà delle esperienze che le hanno generate e che esse stesse generano, restituendo concretezza e spessore agli scritti, accendendo curiosità, sollecitando lo sviluppo di nuove competenze. Infatti, se si vogliono delineare riferimenti e intraprendere passi importanti per dare valore alla cultura e ai territori della Mitteleuropa, occorre partire dalle realtà così come si danno, dalle popolazioni, dalle sensibilità locali e dalle dinamiche che già si possono trovare e che configurano ancora quelle specificità costituite dalle tradizioni, dalle memorie che non trovano posto nelle narrazioni ufficiali, nella complessità del tessuto economico e imprenditoriale che, pur essendo particolare, caratterizza l’insieme. A questi particolarismi ricchi di relazioni reciproche l’Informatore intende dare voce, costituendosi come una piattaforma finalizzata alla reciproca conoscenza, in vista di un modello di Europa che affonda le sue radici nell’incontro, guardando ad Occidente ed anche ad Oriente.

 

 

 

 

[1] KONSTANTIN FRANTZ, Der Föderalismus, als das leitende Prinzip für die soziale, staatliche und internationale Organisation. Unter besonderen Bezugnahme auf Deutschalds, Ristampa anastatica  dell’opera originale Meinz 1879,  Aalen Scientia, Aalen, 1962, p. 233.

[2] Editoriale, in «Kadmos», N. 1, Ottobre 1990, p. 3.

[3] MILAN KUNDERA, The Tragedy of Central Europe, in «The New York Review of Books» (pre-1986); Apr 26, 1984; 31, 007; ProQuest Centra p. 33.

[4] Ivi.

[5] Cfr. ALESSANDRO ARBO, Presentazione , in Kadmos. Studi Mitteleuropei, vol. 1, I.C.M., 2001, p. 7.

[6] EGON SCHWARZ, Cosa la Mitteleuropa non è, in Iniziativa isontina, N.85 Rivista del Centro Studi Politici, Economici e sociali “Sen. A  Rizzatti” – Gorizia, pubblicato in a cura di Alessandro Arbo, in Kadmos. Studi Mitteleuropei, cit., pp. 9-23.

[7] Cfr. HERFRIED MÜNKLER, Macht in der Mitte: Die neuen Aufgaben Deutschlands in Europa, Köber Stiftung, Hamburg, 2015.

[8] Ibid., p. 80.

[9] Ibid., p. 154.

[10] M. KUNDERA, op. cit., p. 33.