Donne al lavoro, un tema trattato con profondità nel Museo.
Foto di Fabio Masotti, per gentile concessione del MAFC

Si ringrazia per la gentile collaborazione Valentina Dal Bello.

“Che cos’è un museo?”. Me la sono posta più volte questa domanda, in un mondo affollato di spazi espositivi concepiti dal marketing come specchi per allodole o, all’opposto, d’istituzioni polverose e stancanti, dove l’accumulo compulsivo di oggetti annichilisce la volontà di comprensione. Per rispondermi, provo a riformulare il quesito: “A chi e a che cosa serve un museo?”. Di fronte a un Museo “strano” come quello dell’Arte Fabbrile e delle Coltellerie di Maniago (MAFC), la domanda intriga ancora di più, diventando interrogativo categorico.

Lo confesso: prima di averlo finalmente visitato un decennio fa, ero poco attratto dal MAFC. Il mio pregiudizio lo sovrapponeva ad altri musei etnografici già subiti, spesso collezioni ossessive del “c’era una volta”. Quel che invece cercavo e continuo a cercare, rispondendo implicitamente alla seconda domanda, è un luogo che favorisca “la bellezza della conoscenza” e, magari, “la conoscenza della bellezza”. Se i due effetti poi si combinano, la missione è compiuta. E qui, a Maniago, la combinazione è particolarmente felice: nel “bel modo” in cui l’allestimento ci aiuta a comprendere la storia di una vocazione manifatturiera e nella bellezza in sé degli oggetti esposti, spesso capolavori di creatività sviscerata nei suoi intimi componenti. Ma c’è anche qualcosa di più che la nostra operatrice museale Valentina Dal Bello è riuscita a comunicare con convinzione: il MAFC è nato innanzitutto dalla e per la gente di Maniago, per riannodare i fili di una Comunità di lavoro cresciuta intorno alle lame, a un genius loci che da quasi sei secoli la tiene unita e viva. Già nel 1984, per voce dell’antropologo Gian Paolo Gri, si era cominciato a parlare di un museo a Maniago, che rispondesse a questa missione identitaria.

Valentina Dal Bello, operatrice e preziosa guida del MAFC.
Foto di Daniele Tibaldi

Nel 1998 l’idea prese forma e, grazie anche all’impegno di molti volontari, trovò la sua prima collocazione nell’ex Filanda lungo la strada per la Val Colvera. Nel 2004 si avviò il progetto finalizzato a trasferire il MAFC in una sede più idonea e rappresentativa: nell’edificio che dal 1907 al 1972 aveva ospitato la più importante fabbrica di oggetti da taglio di Maniago, il Co.Ri.Ca.Ma., acronimo di COltellerie RIunite di CAslino e MAniago. Collocata a un centinaio di metri dalla centrale piazza Italia e fondata da un imprenditore tedesco di Solingen, tale Albert Marx dalla misteriosa biografia, questa industria arrivò ad accogliere un centinaio di dipendenti, producendo coltelli, pinze, forbici e prodotti affini. Come ricordano gli anziani, la sirena del Co.Ri.Ca.Ma. scandiva il tempo di Maniago, contendendo questa funzione alle più antiche campane del Duomo di San Mauro. Per uno strano scherzo del destino, la sirena è andata perduta e non si è potuto “conservarne il suono” nel Museo, come se la memoria avesse scelto di farsi accompagnare dal silenzio.

Il MAFC è oggi ospitato nell’ex sede del Co.Ri.Ca.Ma., storica coltelleria di Maniago.
Foto di Fabio Masotti, per gentile concessione del MAFC

Il MAFC, tuttavia, compensa questa assenza con una forte personalità, che si svela già nella hall, abbracciata da gigantografie di foto storiche stampate su metallo riflettente. Con questa scelta artistica, il Museo ribadisce la sua funzione primaria di “specchio di una Comunità”: i visitatori di oggi si sovrappongono a persone del passato. Mentre siamo lì, è in corso una visita guidata degli ospiti della casa di riposo di Maniago. Una signora, emozionata, individua il nonno in una grande foto di gruppo di operai del Co.Ri.Ca.Ma. e il suo riflesso va quasi a sormontare il volto stampato. “Questo”, spiega Dal Bello, “è un luogo che crea legami e restituisce energia. Ha un effetto terapeutico soprattutto sugli anziani e sui più giovani. Un bambino chiuso nel suo silenzio ha cominciato ad esprimersi dopo una visita al Museo, dopo aver avuto l’opportunità di toccare gli oggetti, di sperimentare il contatto con i materiali.”

Molti piccoli visitatori del MAFC possono sperimentare il contatto con oggetti e materiali.
Foto di Fabio Masotti, per gentile concessione del MAFC

Con questa suggestione pedagogica – di cui le scuole sempre più virtuali dovrebbero tenere conto – cominciamo la visita del Museo al piano terra, dove si racconta il passaggio dall’antica bottega artigiana del fabbro alle più moderne produzioni industriali, con un allestimento affascinante. Non si mostrano semplici attrezzi. Si ripropongono scenograficamente ambienti di lavoro che attraversano i secoli, con bianche statue a grandezza naturale intente nei vari mestieri. Si scopre la fucina del mago con il suo rudimentale battiferro, ricordo delle prime attività sorte a Maniago già nel XV secolo. Allora il conte Nicolò aveva cominciato a impiegare l’acqua del Colvera per fini agricoli, ispirando così lo sfruttamento dell’energia meccanica anche per alimentare magli e mole, inizialmente per le autoproduzioni di attrezzi da lavoro. Come sottolinea la nostra operatrice, è stata proprio l’acqua il motore dell’arte fabbrile maniaghese, in assenza della materia prima importata dal Cadore ai tempi della Serenissima e dalla Carinzia sotto gli Asburgo.

La visita ci accompagna dalle lavorazioni grezze del favri da gros, all’avvento del favri (fabbro) da fin agli inizi del Settecento, quando gli artigiani cominciarono a creare oggetti più raffinati: temperini, coltelli da tavola e da innesto, fino alle forbici e agli strumenti chirurgici. Durante il percorso si scoprono la forgiatura con il maglio, la tempra con il calore alimentato dalla fusina (fucina), l’affilatura con i vari tipi di mole introdotte nell’arco dei secoli. Si apprezza, soprattutto, il passaggio dall’artigianato all’industria, con la “moltiplicazione tayloriana” della singola postazione di lavoro, resa nell’allestimento con un geniale gioco di specchi. L’ingresso nel mondo industriale è naturalmente calato nella storia del Co.Ri.Ca.Ma., ricordando le donne come nuove protagoniste del lavoro in fabbrica e – aggiungo per conoscenze dirette – dello sviluppo di questo tessuto imprenditoriale.

Un geniale gioco di specchi evoca il passaggio dal lavoro artigianale all’industria.
Foto di Daniele Tibaldi

La seconda sezione del Museo si sofferma con dovizia di bacheche sull’impressionante molteplicità del Made in Maniago: coltelli da cucina e da tavola, da macelleria e da salumeria; attrezzi per agricoltura, giardinaggio, edilizia; coltelli sportivi, da caccia e da pesca; forbici e pinze; strumenti chirurgici e per veterinaria; cavatappi; temperini, coltelli multiuso e promozionali; coltelli militari e altri prodotti di nicchia. L’impegno per valorizzare i prodotti e promuovere l’eccellenza territoriale è evidenziato attraverso incursioni nella sfera del design e l’impronta di Maniago nel cinema: dal famoso coltellaccio di Rambo, alla spada barocca della serie TV Caravaggio. Ampiezza e profondità di gamma dimostrano la straordinaria creatività degli artigiani locali, qui da sempre capaci di superare i limiti del monoprodotto, reiventandosi continuamente, cogliendo le domande e i flussi del mercato, gli andamenti delle mode. A Maniago già verso la fine dell’Ottocento si producevano più di mille tipi di lame!

I coltelli di Maniago, protagonisti del grande cinema!
Foto di Daniele Tibaldi

Questa molteplicità creativa è anche lo specchio di una Comunità di lavoro diffusa e frammentata, come si comprende nella terza, preziosa sezione del Museo: “LAMEmoria”, concepita in fase pre-Covid e inaugurata solo il 15 giugno 2021.

Attraverso questa nuova sezione, in un momento storico di cambiamenti e prima che fosse troppo tardi, volevamo coinvolgere la gente di Maniago in un processo di recupero della memoria storica legata all’attività fabbrile e alle lame. Il primo concreto obiettivo era ricostruire la mappa delle tantissime officine che fino a qualche decennio fa avevano pervaso la vita di Maniago e delle sue borgate. Spesso questi luoghi di lavoro erano incorporati nelle case, senza soluzioni di continuità. Il coinvolgimento nel progetto è stato straordinario e ci ha permesso di collocare nella mappa ben 444 punti, corrispondenti ad altrettante attività. Il Covid, purtroppo, non ha favorito l’evoluzione e la crescita di questo imponente lavoro di gruppo. Nonostante le oggettive difficoltà, in questi tre anni il MAFC non ha mai smesso di progettare attività, incontri ed eventi che hanno messo al centro la Comunità.

Il rapporto con la Comunità, ricomposto con il contributo dei Maniaghesi nella sezione “LAMEmoria”.
Foto di Daniele Tibaldi

La passione messa in campo per approntare la sezione “LAMEmoria” emerge non solo dalle parole dell’operatrice, ma anche dalla presenza umana che si respira in quest’ala del Museo. Attraverso questo lavoro di ricostruzione socio-economica si è andati oltre i processi, gli oggetti, i numeri. Sono stati ricomposti comuni sentimenti e vissuti, prima vagamente condivisi. Sono venuti alla luce i disagi patiti dalle donne sul posto di lavoro. È emerso l’individualismo competitivo delle imprese maniaghesi, che da una parte ha stimolato la creatività, dall’altra ha determinato chiusure tra aziende e frenato il gioco di squadra, come testimoniano le finestre pitturate di bianco delle officine, per nascondere i “segreti del mestiere”. Si è testimoniato l’impatto delle consuetudini di lavoro sui modi di essere e di pensare, come ricorda un’ex operaia che ha adottato la “dozzina” come unità di misura nella vita di ogni giorno.

“In questa nuova sezione”, conclude l’operatrice, “abbiamo dedicato uno spazio speciale all’ingegno come risposta alla necessità, all’‘avevo bisogno di’. Qui vogliamo far capire, soprattutto agli studenti, come nuovi prodotti e nuovi processi siamo sempre ispirati dalla legge della sopravvivenza, e la soluzione continua di problemi sia quel sale della vita che ha permesso alla coltelleria di Maniago di prosperare per secoli.

Noi stessi, attraverso questi stimoli e con modi sempre più creativi di far conoscere il MAFC sette giorni su sette, c’impegniamo intensamente a ridare energia a questo luogo speciale dopo la difficile parentesi del Covid: lo facciamo con visite guidate teatralizzate, con laboratori didattici, con l’aiuto fondamentale dei volontari dell’Associazione “Amici del Museo” che accompagnano i visitatori, continuando a credere con noi nella valenza sociale e culturale del nostro progetto. Soprattutto, siamo convinti che il rapporto con le scuole, fin da quelle primarie, sia essenziale per alimentare e far crescere la nostra realtà e, attraverso di essa, per tenere unita e cosciente di sé la nostra Comunità.”

Per visite e informazioni
https://museocoltelleriemaniago.it/

I giovani visitatori del MACF propongono le loro interpretazioni sulle funzioni di alcuni attrezzi esposti.
Foto di Daniele Tibaldi