Ferruccio Clavora
INTERVENTO DELLA PRIMA SESSIONE
Potete seguire questo intervento e quello degli altri relatori della I sessione, a partire dalle ore 10.00 di giovedì 28 ottobre 2021
DALLA BENEŠKA ZLAVIJA PER UN’EUROPA DELLE DIVERSITÀ
Il parlare materno che ho sentito da quando sono nato a Cras di Pulfero, tanti anni fa, e che ho continuato a sentire e a parlare in Belgio, nel quartiere della Chatqueue a Seraing, abitato dagli emigrati italiani e da tante famiglie delle Valli del Natisone chiamate a venire ad estrarre il carbone necessario alla ricostruzione dell’Europa post-bellica, questo parlare, si è impresso così profondamente nella mia mente che non l’ho dimenticato anche se ho vissuto per più di trent’anni lontano e a scuola nessuno si è mai preoccupato di insegnarmelo.
Così sono cresciuto parlando la mia lingua madre a casa e con i compagni di gioco delle Valli, il francese a scuola e l’italiano nei corsi organizzati dal Consolato italiano e nelle associazioni degli emigrati impegnate per il riconoscimento dei loro diritti civili e politici. A Scuola, con il passare degli anni, ho potuto imparare anche il fiammingo, l’inglese e lo spagnolo. Ma nessuna Scuola ne Istituzione si è mai data la pena di insegnarmi la sola lingua che sentivo veramente mia e sulla quale si fondava la mia identità, se non mia madre e mio padre. In effetti, potevo usarla solo a casa, con gli amici e quando tornavo nelle Valli, per le vacanze.
Così, la lingua che avete il privilegio di sentirmi parlare è l’unica che la Scuola e le Istituzioni democratiche non si sono mai date la pena di insegnarmi o per lo meno di darmi gli strumenti per poterla studiare come le altre lingue che avevo imparato. Neanche appellandosi, per esempio, alle risoluzione degli Organismi internazionali sui diritti fondamentali dei Popoli Indigeni!
Gli anni passano e la Demografia è diventata complice delle Istituzioni che hanno progettato la fine della comunità della Slavia. Contemporaneamente, però, qualcosa è scattato nel profondo della coscienza di questo popolo misconosciuto. Inoltre, qualcuno, il prof. Nino Specogna, in questi ultimi dieci anni, ha finalmente deciso di elevare la sua espressione orale in lingua scritta: la lingua di una comunità che ha il diritto di uscire dal suo analfabetismo specifico e che ha avviato una serie di iniziative in tal senso come i Corsi di Lingua nediška, il Concorso Naš domači izik e soprattutto la Gramatika, il Besednjak con 20.985 parole, ed il Vocabolario con 24.404 parole.
Ora, è dovere della Scuola e delle Istituzioni democratiche assicurare – come, tra l’altro, è previsto da una legge (38/2001) solo parzialmente applicata – ai figli della residua comunità della Slavia, l’insegnamento della loro lingua, da secoli tramandata di generazione in generazione, perché non si perda questa particolare identità europea.
Quale sede migliore, di questa, per lanciare tale appello?
E ora un omaggio nella mia lingua:
Paradiso, canto XXVI vv. 124-132
La lingua ch’io parlai fu tutta spenta
innanzi che a l’ovra inconsummabile
fosse la gente di Nembròt attenta:
ché nullo effetto mai razïonabile,
per lo piacere uman che rinovella
seguendo il cielo, sempre fu durabile.
Opera naturale è ch’uom favella;
ma così o così, natura lascia
poi fare a voi secondo che v’abbella.
Izik ki san ga jest gùoru je biu vas ugàsnjen
še priet ku kar judje Nembrota
so se parklàdal nedopunemu dìelu:
resnično nobedna fruga človieške umnosti
je maj ostala stanovitna, za uojo človieškega namiena
ki se ponaulja kadar sledì nebeške sìle.
Je natural stvar ki človék guorì;
pa za guorit na dno ol na drugu uìžo naraua
parpusti van druzin narest takuo ki van je buj lepuo.