Andrea Parini nel 1953 nell’aula di “Plastica” della Scuola di Nove, impegnato nella realizzazione del modello del Grande vaso del re.
Per gentile concessione di Nadir Stringa

Già medico di professione, ma per passione cultore ed esperto di ceramica e in particolare di Andrea Parini, Nadir Stringa ha portato un suo prezioso contributo a questo numero speciale di Kadmos, che ci aiuta a comprendere la personalità, l’opera e lo spirito del grande artista calatino, figura di primissimo piano nel panorama dell’arte ceramica del Novecento.

Nel 1983 l’Amministrazione Comunale di Nove (Vicenza) ha dedicato un’importante mostra all’artista calatino Andrea Parini, ideata e curata dal ceramista Alessio Tasca che era stato suo allievo, e quindi collega, nella locale Scuola d’Arte per la Ceramica in cui il Parini era stato direttore dal 1942 al 1963, prima di trasferirsi a dirigere analoghi Istituti a Padova, Venezia, e infine a Gorizia.

In quell’occasione veniva pubblicato un esauriente catalogo edito da Neri Pozza, con introduzione critica di Licisco Magagnato, in cui sono riprodotte centocinquanta delle duecento opere esposte, reperite in Italia e all’estero presso Musei, Enti pubblici e collezionisti privati. In appendice sono schedate altre centouno opere (note da documentazioni cartacee) che non erano state rintracciate e, di queste, quarantotto riprodotte da foto d’archivio. Pertanto, fra le oltre trecento opere, includendo quelle esposte e quelle citate ma non esposte, solamente duecento sono note nelle loro forme e dimensioni e per la maggior parte di esse non è possibile apprezzare la vivace policromia degli smalti in quanto le foto pubblicate sono prevalentemente in bianco-nero.

Negli anni successivi all’antologica dell’83, rinnovati interessi e ulteriori ricerche sia in Sicilia (1) che in Veneto (2) e altrove (3), l’esponenziale crescita di informazioni via web, l’incremento delle manifestazioni espositive di antiquariato e modernariato, la digitalizzazione e l’ampia diffusione dei cataloghi delle Case d’Asta, hanno favorito la raccolta di testimonianze e la scoperta di documenti, fotografie e opere che potrebbero contribuire alla costruzione di una definitiva biografia del nostro Autore.

Il Concorso indetto dall’Istituto Culturale Mitteleuropeo di Gorizia in vista di GO!25 e la disponibilità di questo numero speciale della rivista Kadmos, offrono l’occasione per pubblicare alcune di queste informazioni con la speranza che possano essere utili, per esempio, agli allievi dei quattro Istituti che hanno partecipato al Concorso, per approfondire ulteriormente gli studi sulla vita e l’opera di Andrea Parini.

*
Diplomatosi all’Accademia di Belle Arti di Palermo, Parini torna nella sua Caltagirone, e prima di dedicarsi definitivamente all’insegnamento che lo impegnerà, in successione, alla Scuola Tecnica Agraria, alla Scuola di Avviamento Professionale e al Liceo Classico, inizia la propria esperienza artistica nel campo del marmo. Nel 1930 apre un laboratorio per la produzione di lapidi cimiteriali (Foto n.1) e nel giro di pochi anni riceve alcune importanti commissioni. È del 1935 il busto marmoreo del vescovo don Mario Sturzo, fratello del più noto don Luigi, conservato nel Seminario vescovile di Piazza Armerina (Foto n.2). Nel 1937 realizza un monumentale altare all’aperto in occasione del Terzo Congresso Eucaristico Regionale Siculo (Foto n.3) e nel 1939 la statua bronzea a grandezza naturale del senatore Giorgio Arcoleo (Foto n.4) inaugurata il 24 ottobre 1939 ma, purtroppo, distrutta mediante fusione qualche mese dopo per necessità belliche. Del bozzetto in terracotta per questa scultura si è conservata una foto, deteriorata ma ancora leggibile, da cui si evincono alcune modifiche attuate in fase di realizzazione (Foto n.5).

Contemporaneamente si dedica all’incisione su legno e, quindi, alla ceramica che resterà la grande passione della sua vita. Queste due attività sono state ampiamente trattate nel catalogo citato per cui ci limitiamo a segnalare alcune opere inedite, o poco note perché pubblicate in giornali o in riviste degli anni Trenta-Quaranta di difficile reperibilità, come il Busto di donna del 1935, in gesso (Foto n.6), il Ritratto del libraio del 1937 in terracotta  (Foto n.7), il busto Bimbo mediterraneo del 1940 in maiolica policroma (Foto n.8), le due xilografie ideate per il proprio matrimonio con Gina Vitale (Foto n.9) e per la nascita della primogenita Onoria (Foto n.10).

Dopo il trasferimento nel Veneto, il primo ottobre 1942, i suoi impegni prevalenti saranno l’insegnamento e la ceramica. Nel territorio bassanese vi sono ancora numerosi ex-allievi che ricordano con nostalgia le sue appassionate lezioni di storia dell’arte e i suoi suggerimenti nel modellare, nell’uso degli smalti e nel corretto accostamento dei colori. Lo vediamo qui in alcune

immagini: nel 1948, all’interno del proprio studio di direttore, accanto ad alcune delle sue opere (Foto n.11); nella primavera del 1952 , esibire soddisfatto la Cucca del carnevale, la Cucca dei galletti e la Cucca con pulcini appena uscite dal forno (Foto n.12); negli stessi giorni, trasportare le Brocche delle età dell’uomo (Foto n.13), pronte per essere inviate alla I Mostra della Ceramica d’Arte Italiana a Messina dove gli sarà riservata una personale (Foto nn.14 e 15) accanto ad altri tre grandi artisti: Lucio Fontana, Fausto Melotti e Pablo Picasso (4); nel 1953, nell’aula di “Plastica”, impegnato nel modello del Grande vaso del re (Foto n.16); nel 1961 a Torino, in visita a Palazzo Nervi con gli allievi della Scuola (Foto n.17), molti dei quali coltivano tuttora la loro passione per la ceramica (da sinistra: Egidio Fuga, Eugenio Stocchero, Rolando Baù, Nico Toniolo, Marisa Cuman, Damiano Faggion, Antonio Dalla Gassa, Silvano Orsato, Vanni Fantin, Guglielmo Muraro, Antonio Lucietti).

Nel numero di settembre 1946 della rivista “Lo Stile” Gio Ponti pubblica cinque opere del Nostro e scrive: le ceramiche di Andrea Parini appartengono, più che all’arte applicata, alle opere d’arte vere e proprie. Ne hanno tutta la robusta e indipendente suggestione.” In una delle foto compare un gruppo di nove angeli in stazione eretta. Si tratta di un soggetto che il Parini stava sviluppando da un po’ di tempo, modellando esemplari singoli o a gruppi, seduti o stanti, dotati di attributi vari da cui deriva la loro denominazione: Angeli buongustai, Angeli offerenti, Angeli musicanti. Il modello del ’46 è comparso recentemente nel mercato antiquario e possiamo quindi apprezzarne il cromatismo originale (Foto n.18). Gli Angeli del Parini sono noti, ne esistono varie versioni, conservate in Musei e in collezioni private, ma forse non è a tutti nota la loro fonte ispiratrice che è stata rivelata dall’Autore stesso nel 1947, durante una conferenza sulle ceramiche del Vicentino tenuta al Piccolo Ateneo Zanelliano di Vicenza. Ecco uno stralcio del dattiloscritto firmato dall’Autore: nella Chiesa dei Cappuccini [di Caltagirone] v’è un reliquiere secentesco, ornato di santini e angeli in candido alabastro che mi deliziavano fanciullo. Oggi è il loro ricordo che mi fa produrre angeli in maiolica bianca – musicanti o serventi – che hanno un filo conduttore con quelli provvisti di fischietto sul di dietro che i figuli del mio paese producono, forse ancora con riverenza. …Così facendo renderò grazie a Dio per avermi fatto tanto amare -in vita- il bel mestiere di modellare e di coprir di smalti sogni di terra e umanità.”

FOTO 18
Angeli, 1946.
Per gentile concessione di Nadir Stringa

Tornando alle cucche sopracitate e visibili nella foto n.12, precisiamo che si tratta di oggetti fischianti che hanno coinvolto l’interesse del Parini per diversi anni, dal 1950 al 1958, e che dimostrano la sua inesauribile fantasia non solo nelle originali invenzioni dei soggetti e dei simboli che le accompagnano, ironiche, allusive, beneauguranti, commemorative, ma anche nell’attribuzione dei titoli. Se ne conoscono finora -da citazioni bibliografiche- sedici in maiolica e otto in porcellana: Cucca portafortuna*, Cucca dei segreti amorosi*, Cucca del carnevale*, Cucca della Sicilia*, Cucca della favola del Gozzi*, Cucca degli sposi*, Cucca dello scrittore umorista*, Cucca dei fiori*, Cucca a soggetto greco*, Cucca della fanciulla romantica*, Cucca della Medusa*, Cucca del coniglio a primavera, Cucca dell’orologiaio, Cucca del macellaio, Cucca della colomba, Cucca dello zodiaco,  Cucca del pirata angelico (5). A queste possiamo ora aggiungerne altre di cui sono state rintracciate vecchie foto o che sono passate negli ultimi decenni nel mercato antiquariale: Cucca medagliata (Foto n.19), Cucca dei pesci-uomini (Foto n.20), Cucca del pirata onesto (Foto n.21), Cucca dei sogni fioriti (Foto n.22), oltre a quelle testé viste nella fotografia n.12.

Il 29 aprile 1948 Giuseppe Dell’Oro, direttore dell’Istituto Veneto per il Lavoro, accompagna a Nove i membri della Commissione della Biennale (Mainardis, Pallucchini, Lorenzetti, Vallot,

Valmarana) per la selezione delle ceramiche da esporre nella Sezione Arti Decorative. Il giorno seguente scrive al Parini per ringraziarlo, anche a nome dei membri della Commissione, per la cortese accoglienza alla Scuola e per l’assistenza prestata durante la visita alle manifatture Barettoni e Petucco & Tolio, e gli chiede notizie sugli “oggetti da te raccolti in quel bellissimo pannello di Candida Veneziana” (Foto n.23). Il 4 maggio Parini risponde a Dell’Oro di essere stato ispirato da uno scritto di Agnoldomenico Pica (6) senza citarne il titolo o l’edizione. Ora finalmente, dopo tanto tempo, conosciamo il contenuto dell’articolo del Pica “Ritorno nella casa di Candida”, pubblicato nel numero di novembre del 1941 della rivista Lo Stile nella casa e nell’arredamento, in cui l’autore ricorda una sua visita ad un amico veneziano, eclettico collezionista, e si sofferma a descrivere gli oggetti della raccolta. In effetti, nei rilievi del pannello del Parini ci sono riferimenti ad alcuni degli oggetti riprodotti nelle piccole immagini che corredano il testo (l’orologio da tavolo, la spada da duello), ma altri sono frutto della sua fantasia (la colomba, le maschere, il fazzoletto con veduta del Palazzo Ducale realizzata in leggerissimo rilievo ad imitazione di un merletto di Burano); ma più che gli oggetti visti, secondo noi, a colpire il Parini, potrebbe essere stata la conclusione del Pica: Il collezionista accordando le cose più discordanti in rapporti impensati ha creato la sua propria atmosfera, dandole un carattere nuovo, del tutto inedito, dove la storia, gli stili, le origini, le distanze e le memorie si dimenticano, dove persino il vario valore dei “pezzi” e persino la loro rarità o modestia si barattano per questa loro capacità di introdurci, quasi familiarmente, in un mondo impossibile: il mondo del nostro sogno.”

Era, questo, anche il sentire di Andrea Parini.   

FOTO 23
Candida Veneziana.
Per gentile concessione di Nadir Stringa

Nell’ultimo decennio della sua attività artistica, durante la permanenza a Gorizia, si dedica alla creazione di pannelli murali in città, come quello per la sede dell’Ente Provinciale del Turismo, recentemente recuperato e valorizzato dall’ICM (Foto n.24), e quello per la nuova sede della Croce Verde di cui si conserva il bozzetto (Foto n.25), e alla realizzazione di alcune grandi opere per la sua città natale:

– Le arti e i mestieri umili ma belli, lunghissimo (più di novanta metri) pannello murato all’esterno della balconata al primo piano del palazzo Regalbuto in Piazza Bellini, formato da sessanta piastre modellate e cotte tra il 1965 e il 1967 nel laboratorio ceramico di San Pier d’Isonzo (Foto n.26)

– Partirono, grande pannello (cm 200 x 662) installato nel salone viaggiatori della nuova stazione ferroviaria, realizzato nel 1973 dopo aver vinto un concorso nazionale bandito dal Ministero dei Lavori Pubblici cui aveva inviato, oltre ad una dettagliatissima relazione, un disegno (Foto n.27) e il modello di un particolare a grandezza naturale (Foto n.28).

Mosè salvato dalle acque, altra grande composizione (cm 210 x 530) commissionata dal Consorzio di Bonifica, fissata nel 1974 ad una parete in cemento appositamente costruita sul piazzale costeggiante il lago artificiale di Ogliastro. Per le grandi dimensioni di alcune piastre, queste ultime due opere sono state modellate e cotte nella fabbrica Petucco & Tolio di Nove.

L’ultimo autoritratto del Parini, del 1970, è stato da lui intitolato Le voglie non soddisfatte. È un grande busto a tuttotondo in maiolica, con varie applicazioni ad altorilievo che simboleggiano i desideri che l’Autore avrebbe voluto realizzare nell’arco della sua vita: tessitore, tipografo, marinaio, illusionista.

Chissà se mentre modellava l’opera, ripensando al passato, si sarà rammentato di quanto aveva scritto in giovane età, sognando il proprio futuro, in occasione di un suo ritorno a Palermo, e pubblicato nel quotidiano “Il Popolo di Sicilia” il 5 agosto 1933: se arriverò ad innalzare quattro mura al mio paese, ci vorrò all’interno un affresco con soggetto panteistico; mi servirà nei giorni invernali per bearmi di sole e di terra fiorita. Di uno scultore vorrò in pietra arenaria una lavandaia cicciosa da collocare all’ingresso della porta piccola. Di un ceramista vorrò una mattonella smaltata raffigurante l’Arcangelo Michele con in mano un bastone a nodi. La murerò sullo stipite della porta grande, per benedire in eterno (a bastonate) i miei figli non prolifici. Di un altro spremitor di tubi di stagnola vorrò il ritratto di una giovane di Corleone, sana e bianca, con occhi “cobalto”, per prenderla a modella. E pagherò fior di quattrini questi miei amici artisti, a dispetto di blasonati salumieri, degni soggetti di Goya acquafortista. Però i quattrini, mi dovranno venire da mia moglie: ragazza campagnola sana e buona, nonché possidente di feudi e capi grossi; il solo tipo che intendo sposare, anche a quattrocchi. La giornata a Palermo è finita (7).”

Nadir Stringa

Note

1- Giuseppe Di Bella, Andrea Parini a dieci anni dalla morte, in “Caltagirone notizie”, a. V, n.19, marzo 1985, pp.18-19;  Domenico Marino, Lettera ad Andrea Parini, in “Vivere In”, Roma, a. XVII, n.1-1989, pp.45-51;  Vittorio Sgarbi, La ceramica  antica di Caltagirone: suggestioni, in Atti del Convegno “Le ceramiche caltagironesi da mensa”, Caltagirone 2005, pp.7-8;  Antonino Navanzino, ‘900. Storie, fatti,cronache…a Caltagirone, Caltagirone, 2013, pp. 103-109;  La Grande Guerra e la statua fusa di Giorgio Arcoleo a Caltagirone, in “Sicilia Journal”  (Giornale online) 14 novembre 2014

2- Nadir Stringa, Andrea Parini. Il Maestro venuto dal Sud, in “Bassano news”, n.115, marzo-aprile 2009, pp. 20-22; Nadir Stringa, Andrea Parini scultore e ceramista, in “Il Vasaio innamorato. Scritti per gli 80 anni di Alessio Tasca”, a cura di Nico Stringa e Elisa Prete, Treviso, 2010, pp. 302-304 e 374-378

3- Vittorio Fagone, Un incontro con Andrea Parini, in “Faenza”, a. LXIX [1984], Fasc. 3-4, pp. 316-317;  Vittorio Sgarbi, Scultura italiana del primo novecento, Mesola, 1992, pp. 178-179

4- Prima Mostra della Ceramica d’Arte Italiana, Messina, 21 giugno-13 luglio 1952

5- Nel Catalogo del 1983 le cucche contrassegnate qui dall’asterisco*, sono state riprodotte in b/n, le altre sono state schedate in quanto presenti alla Mostra, o solo ciatate tra le opere non esposte

6- Questa notizia è stata segnalata nel citato Catalogo del 1983, alla scheda n.31 relativa al pannello in maiolica Omaggio a Candida Veneziana

7- Andrea Parini, Un giorno a Palermo, in “Il Popolo di Sicilia”, 5 agosto 1933