Dettaglio di un coltello sportivo della prima linea a marchio MKM, lanciata nel 2017 in collaborazione con la rete d’imprese Mikita. È un passo decisivo per il Consorzio Coltellinai Maniago.
Foto di Ruggero Lorenzi

Si ringraziano per la gentile collaborazione Igor Bortolussi e Giorgio Cristofoli.

Fondato nel 1960, il Consorzio Coltellinai Maniago è una Società con sede nella “Città dei coltelli”, costituita da aziende locali con lo specifico scopo di promuovere nel mondo il Made in Maniago. Per saperne di più abbiamo incontrato e intervistato Igor Bortolussi, impiegato commerciale del Consorzio, e Giorgio Cristofoli, memoria storica di questa realtà, cui è stato legato professionalmente per quarant’anni.

– Quando e perché è nato il Consorzio?

Giorgio Cristofoli. Il Consorzio è stato fondato agli inizi degli anni Sessanta per vendere e, in particolare, per esportare i prodotti realizzati dai coltellinai di Maniago. Per comprendere il clima di allora, bisogna immaginare un tessuto produttivo vivo, ma in prevalenza costituito da piccole imprese artigiane con limitata esperienza commerciale e, spesso, con risorse insufficienti per affrontare il mercato con efficacia ed efficienza. Molti imprenditori si limitavano così a proporre i propri manufatti in Italia, attraverso grossisti, rivenditori o rappresentanti “di passaggio”, con poco potere contrattuale e scarso valore aggiunto. Muoversi fuori dall’Italia era ancora più complicato, per evidenti ostacoli culturali e linguistici. Dalla consapevolezza di questi limiti, è nata l’idea di costituire una Società commerciale con Soci i produttori maniaghesi che condividevano il progetto.  Al Consorzio sarebbe stata affidata almeno parzialmente la vendita: “uno per tutti”, possiamo dire.   

Igor Bortolussi. Questo mettersi insieme, sia pure con sole finalità di vendita, ha segnato un forte cambiamento per la mentalità dei Maniaghesi, in controtendenza con l’individualismo radicato delle ditte locali, spesso in competizione fra loro e per cui il primo concorrente era proprio quello fuori delle porte di casa. Va detto che questo approccio emulativo al lavoro ha avuto anche effetti positivi, stimolando la creatività, l’innovazione, la sfida a fare sempre meglio e la volontà di differenziare la propria gamma di prodotti, cavalcando con agilità l’onda del cambiamento. Non ha favorito, tuttavia, lo sviluppo di dinamiche di rete, talvolta strategiche per confrontarsi con grandi numeri o commesse che richiedono la capacità di combinare differenti specializzazioni.

La squadra di Maniago, comprendente anche il Consorzio, partecipa al Blade Show 2022 di Atlanta, facendo incetta di premi in questa Manifestazione, considerata una sorta di campionato mondiale nel settore della coltelleria outdoor.
Per gentile concessione del Consorzio Coltellinai Maniago

– Quali sono stati i primi mercati esteri gestiti attraverso il Consorzio?

Giorgio Cristofoli. Tre aree geografiche: la Germania, l’ex Jugoslavia e il Mediterraneo orientale.

– Quindi, potremmo dire, che la Mitteleuropa ha avuto un peso importante nel vostro inizio?

Giorgio Cristofoli. Sicuramente. Allora la sola Germania copriva oltre la metà del nostro export. Maniago restava tuttavia invisibile al cliente finale, in quanto i nostri prodotti erano venduti con marchi di aziende tedesche, pur non comparendo per ovvie ragioni il Made in Germany.  

Il disgelo politico con la Jugoslavia portò, inoltre, a stringere rapporti commerciali con questo Paese, verso cui cominciarono a fluire coltelli di qualità basica, in particolare per il settore del diving, mancando là industrie specializzate.

Per un certo periodo anche Grecia, Turchia, Israele, Egitto sono stati nostri mercati. A clienti del Cairo fornivamo commesse di pinzette, fino a duecentomila unità al colpo, poi smistate in Paesi del Medio Oriente, dove la pratica della depilazione è radicata nelle culture locali.

Poi, agli inizi degli anni Ottanta, proprio quando fui assunto dal Consorzio, cominciò quella “scoperta dell’America” che continua ancora oggi.

– Cosa significò per voi la “scoperta dell’America”?

Giorgio Cristofoli. Innanzitutto, mettersi in discussione. Pensavamo di avere prodotti super ed evergreen. Capimmo che non era proprio così. Inoltre, ci rendemmo conto che anche il concetto del “Consorzio”, efficace in Italia e in Europa, diversamente negli Stati Uniti costituiva un ostacolo percettivo, creando un malinteso politico: “Are you comunist?!”. Fui io che cominciai, per questa ragione, a sdoganare il marchio MKM-Maniago Knife Makers, proprio per affrontare le peculiarità di questo mercato. Grazie anche a questa politica di marketing ottenemmo commesse cospicue, come quella di 380.000 coltelli del tipo tender, forniti attivando una collaborazione straordinaria tra più aziende maniaghesi, con la sicurezza finanziaria offerta dal Consorzio. Non sempre, tuttavia, riuscimmo a sostenere questo spirito di squadra, perdendo anche eccezionali occasioni di vendita.

Igor Bortolussi. Va però aggiunto che in alcuni casi i grandi numeri possono creare problemi, anche per oggettive ragioni strutturali. Per un certo periodo il Consorzio, per esempio, ha lavorato con la Remington, con commesse sostanziose. Ma dopo due anni e mezzo il cliente si è improvvisamente defilato, lasciando un vuoto difficile da colmare. Per questo anche la politica commerciale del Consorzio è gradualmente cambiata, privilegiando la qualità e il plusvalore rispetto alla quantità.

Da sinistra a destra: Romeo Pignat (ICM), con Giorgio Cristofoli e Igor Bortolussi in rappresentanza di MKM.
Foto di Daniele Tibaldi

– Ci potreste spiegare come è avvenuto questo cambiamento?

Igor Bortolussi. La trasformazione è essenzialmente legata alla forte crescita della clientela negli Stati Uniti, Paese che oggi assorbe oltre metà del nostro export, seguito dalla UE, al cui interno la Germania fa ancora la parte del leone, con un 15-20% di quota di mercato.

Gli Stati Uniti chiedono a Maniago coltelli di altissima qualità, soprattutto nel settore dell’outdoor sportivo. Alcuni sono venduti dalle nostre aziende direttamente con il proprio marchio. Altri come fornitori di OEM, Original Equipment Manufacturer, vale a dire di “case madri” americane detentrici dell’idea e del progetto esecutivo. Questa seconda pratica da una parte occulta il Made in Maniago; dall’altra produce comunque fatturato e stimola il confronto con realtà industriali americane strutturate, con centinaia di dipendenti, che dimostrano di apprezzare il valore aggiunto artigianale e tecnologico apportato dalle piccole e medie imprese di Maniago. 

Giorgio Cristofoli. È evidente che con questo nuovo mercato negli Stati Uniti, il Consorzio non poteva continuare a vendere “tutto di tutti” o a concorrere con i propri Soci, proponendo prodotti che oggi trovano facile collocazione online, attraverso siti di e-commerce dei produttori o store di rivenditori.

Igor Bortolussi. Abbiamo così cominciato a sentire il bisogno di una nuova strategia commerciale, che rilanciasse il marchio MKM-Maniago Knife Makers come private label di una nuova linea di prodotti di fascia alta, sviluppati dai Soci esclusivamente per il Consorzio. Questa filosofia di riposizionamento del brand MKM è stata avviata dal 2017, in collaborazione con la rete d’imprese Mikita, composta da quattro aziende maniaghesi ai vertici mondiali, soprattutto nella produzione di coltelli sportivi. Con Fox, Lionsteel, Mercury, Viper abbiamo così sviluppato e continuiamo a sviluppare una linea di prodotti di qualità a marchio MKM.

Il primo catalogo MKM datato 2018. La ghiera azzurra, che caratterizza la prima linea di coltelli MKM, diventa il simbolo della comunicazione.
Concept copertina di www.primalinea.net

– Quali risultati avete ottenuto con questa strategia?

Igor Bortolussi. Sicuramente risultati importanti: a livello quantitativo, qualitativo, di stimoli per il futuro e di valorizzazione del Made in Maniago. Il fatturato legato al marchio MKM è cresciuto del 750% dal 2018 a oggi, con un aumento dell’85% nel solo ultimo anno. Anche la nostra tradizionale vendita del “tutto di tutti” ne ha beneficiato, con un sensibile incremento del business, in parte supportato dall’impulso dell’e-commerce. Aver scelto d’intraprendere questa strada ci ha inoltre stimolato a cambiare mentalità e modus operandi, a uscire almeno in parte dal nostro puro bozzolo commerciale. Per sviluppare i prodotti a marchio MKM con i nostri Soci-partner industriali, collaboriamo per esempio con designer internazionali, contribuendo così ad aprire il nostro territorio a una creatività senza frontiere. Oggi, poi, questa fertilità è agevolata da nuovi strumenti 4.0, come la stampa 3D che permette di creare prototipi a costi contenuti, senza produzione di stampi.

Grazie a questo impegno, alcuni coltelli a marchio MKM hanno anche ottenuto prestigiosi riconoscimenti, in particolare al Blade Show di Atlanta, un vero e proprio “campionato mondiale della coltelleria”. Già al nostro esordio in questa manifestazione nel 2018 e con la prima serie da noi presentata, abbiamo ottenuto il premio Best Collaboration of the Year, e questo è stato sicuramente un entusiasmante volano per intraprendere al meglio quest’avventura.

Nel 2022 abbiamo poi vinto l’Imported Knife of the Year con il chiudibile Miura, disegnato da Simone Tonolli e prodotto da Lionsteel. Quest’anno abbiamo conquistato il Best Kitchen of the Year con Prima, il nostro primo coltello da cucina realizzato in collaborazione con Mikita. Una grande vittoria di tutto il Made in Maniago

La comunicazione MKM celebra i due premi conquistati dal Consorzio al Blade Show 2022 di Atlanta.
Per gentile concessione del Consorzio Coltellinai Maniago

– Come vedete il futuro del Consorzio e della coltelleria di Maniago?

Igor Bortolussi. Con luci e ombre, per essere realistici. Il Consorzio conta oggi quasi una cinquantina di soci e per statuto commercializza anche prodotti di aziende locali non associate. Per affrontare il futuro, tuttavia, dovrebbe crescere ancora di più quello spirito di squadra proattivo che, come abbiamo visto, sta dando i suoi frutti.

Un’incognita per la nostra attività è anche legata ai limiti imposti alla commercializzazione dei coltelli, che in molti Paesi come la Danimarca e il Regno Unito sta diventando problematica, per ragioni legali connesse alla sicurezza…

Giorgio Cristofoli. Personalmente credo che ci sia un altro problema ancora più importante da affrontare. Un tempo mancavano i venditori. Oggi manca la manodopera. Nonostante la continua innovazione e la digitalizzazione delle nostre aziende, il nostro settore dipende ancora dall’abilità artigianale, merce sempre più rara e preziosa. Per esempio: oggi siamo carenti di giovani addetti all’affilatura. E, ricordiamolo, il filo dei coltelli va ancora fatto a mano! Nelle nostre fabbriche, purtroppo, sta scomparendo l’odore del fabbro, del labor limae, della limatura di metallo…

Igor Bortolussi. Sono d’accordo con Giorgio. Attraverso la qualità del prodotto e i risultati lusinghieri che stiamo ottenendo, dovremmo stimolare di più il valore della manualità, quella sensibilità e quella unicità che ci hanno portato nel mondo e non possono essere completamente sostituite dalle macchine. Dobbiamo recuperare l’orgoglio di essere coltellinai, knife makers. Mettere al centro dei nostri progetti la dignità del lavoro “pensato con le mani”.