24 marzo 1672, il nunzio apostolico di Vienna concede l'apertura del Convento di Gorizia e nomina abbadessa Madre Caterina Lambertina de Paoli

L'Archivio delle Madri Orsoline poco prima della chiusura del Convento, maggio 2015

L’ultima fatica editoriale di Vanni Feresin, storico e archivista goriziano, è dedicata alla plurisecolare presenza delle Madri Orsoline nella città di Gorizia “Dalle cronache delle Madri Orsoline, omaggio a 350 anni dalla fondazione del Monastero di Gorizia”, edito dal Centro per la Conservazione e la Valorizzazione delle Tradizioni Popolari – Borgo San Rocco. Il volume è suddiviso in 30 racconti che coprono 250 anni della storia del convento che provengono dalla ricopiatura di alcune decine pagine dei primi libri delle Cronache delle Madri Orsoline a partire dal 1672. Questi documenti sono oggi custoditi presso l’Archivio della Curia Arcivescovile di Gorizia e sono parte fondamentale dell’Archivio Storico del Monastero della Madri Orsoline di Gorizia. Si sono scelti racconti tra il 1672 al 1922, anno in cui il Monastero viene spostato dalla sua originaria sede nel centro cittadino a una zona più periferica. Accanto ai commenti che inquadrano il periodo storico si trova il testo originale proposto dalla penna delle varie croniste mantenendo scrittura, sintassi e punteggiatura coeva. Il libro è dedicato a suor Concetta Salvagno custode dei tesori del monastero e delle memorie, lei ebbe la grande intuizione della salvaguardia e valorizzazione dell’archivio storico e della biblioteca.

Nella storia della città di Gorizia le Madri Orsoline sono state un punto di riferimento qualificato e fondamentale. Il monastero di Gorizia, sorto grazie all’iniziativa delle goriziane Maria e Anna Bonsi, con l’appoggio della corte austriaca, dei Gesuiti e della nobiltà locale, costituisce una filiazione di quello delle Orsoline viennesi. Fu ufficialmente fondato con lettera del 24 marzo 1672 dal Nunzio apostolico a Vienna, monsignor Mario Albrici. In origine ubicato in una casa appartenente alle sorelle Bonsi e sita, presumibilmente, nei pressi del convento di Santa Chiara, fu trasferito già nello stesso anno di fondazione (1672) in una nuova sede, ai piedi del colle del Castello. Da quest’ultimo edificio si sviluppò l’intero corpo di fabbrica del monastero, che in una pianta del 1823, di proprietà delle Orsoline, appare esteso dall’odierna via delle Monache, sulla quale s’affacciava la chiesa, aperta al pubblico culto, alla contrada dei Macelli (oggi via Morelli). Donazioni e contratti di dote delle religiose, reclutate fino all’Ottocento solo presso famiglie nobili, documentano il progressivo costituirsi del vasto patrimonio fondiario del monastero, ampliato e concentrato attraverso permute e acquisizioni. Conformemente alle finalità della Compagnia di sant’Orsola, anche le religiose di Gorizia si erano dedicate all’educazione e all’istruzione delle fanciulle. In città istituirono, infatti, un educandato, ossia un convitto accessibile ad allieve non destinate alla vita monastica.

Una pagina delle cronache delle Madri Orsoline che elenca le chiusure di monasteri, santuari e ordini religiosi decise dall'Imperatore Giuseppe II nel 1785

Successivamente all’emanazione del Regolamento scolastico teresiano del 6 dicembre 1774 fu disposto l’adeguamento della scuola esterna a caposcuola normale (Mädchen-Hauptschule) e la progressiva sostituzione dell’italiano con il tedesco quale lingua d’insegnamento. A tale azione educativa fu riconosciuto il carattere di pubblica utilità, che permise al monastero di sopravvivere alle ondate di soppressioni di istituti monastici volute prima dall’imperatore Giuseppe II. Durante l’Ottocento le Orsoline goriziane furono autorizzate al rilascio di titoli validi nei territori asburgici e, fino agli anni Settanta di quel secolo, fu loro demandata anche la locale preparazione delle insegnanti. Nel 1875, quando con ordinanza del Ministero del Culto e dell’Istruzione fu attribuita allo Stato l’attivazione di istituti magistrali maschili e femminili, e iniziò a operare localmente un istituto magistrale femminile governativo, la scuola di metodica delle Orsoline fu soppressa. È documentata dal 1891 al 1915 l’attività della scuola popolare e cittadina a lingua d’insegnamento italiana, dal 1907 al 1919 di quella popolare e cittadina a lingua d’insegnamento tedesca e, per il solo anno scolastico 1918-1919, della scuola cittadina a lingua d’insegnamento slovena.

Durante la prima guerra mondiale, nonostante i bombardamenti ed il trasferimento di molte religiose sia in altri monasteri, sia nei campi allestiti per i profughi, l’edificio di via delle Monache non rimase mai deserto. La guerra, cui seguì il passaggio dei territori giuliani all’Italia, segnò ovviamente una cesura nella sua storia. Nel 1921, considerati gli ingenti danni subiti dagli edifici durante il conflitto e le limitazioni che dall’esecuzione del nuovo piano regolatore della città sarebbero derivate al complesso monastico, ne fu deciso il trasferimento in una sede diversa. Acquistati la villa e il vasto giardino di proprietà prima di Giacomo Ceconi, poi dei triestini fratelli Loser, nel 1923 fu dato inizio ai lavori di costruzione dei nuovi edifici dove, fra 1927 e ’28, si trasferì l’intera comunità monastica.

Le Orsoline goriziane continuavano, intanto, ad essere attive nel settore dell’istruzione. Riflessi del sovrapporsi del sistema scolastico italiano a quello austro-ungarico si ebbero nella scomparsa delle scuole a lingua d’insegnamento diversa dall’italiana e nella trasformazione, dal 1926, della preesistente “scuola cittadina” in ‘scuola di avviamento professionale a tipo commerciale’. Durante la seconda guerra mondiale l’edificio del monastero non subì danni. Fu requisito il 24 settembre 1943 dalle truppe germaniche ad uso dello Stato maggiore, poi adibito a ospedale militare e occupato il 5 maggio 1945 da un reparto di americani, che lo lasciarono il 21 maggio. Le truppe alleate si ripresentarono il 12 giugno, al termine dell’occupazione titina. Nell’aprile 1947, quando fu smantellata la stazione radio che l’esercito americano vi aveva allestito, rientrò in esclusivo possesso della comunità delle religiose.

Il fondo archivistico è oggi proprietà dell’Arcidiocesi di Gorizia. È stato riorganizzato a cura delle religiose nel 1831 e nel 1922. Ne testimoniano il primitivo assetto repertori risalenti agli inizi dell’Ottocento: le scritture risultano esser state allora suddivise in «armari», «cassettini» e «plichi», secondo un criterio che riflette metodi di ordinamento diffusi tra il Sei e il Settecento. Nel 1744 i documenti considerati di maggior rilievo furono trascritti su cartolari o «Libri degli strumenti»6 e fatti autenticare dal notaio Antonio Cruxilla. Accanto alle scritture e ai cartolari, l’archivio del monastero comprendeva all’epoca serie di registri contabili, i registri nominativi delle religiose e gli annali ufficiali. L’ordinamento operato nel 1831 conservò l’ordinamento alfabetico, preesistente. La documentazione riguardante le scuole, inizialmente compresa nel complesso delle scritture del monastero e descritta nel «Repertorio 1831», fu costituita in parte a sé, nell’«Archivio della Scuola». Iniziarono allora a essere compilati anche i registri contabili riguardanti la gestione dell’educandato.

Serie di disegni di Giovanni Maria Marusig (primi anni del XVIII secolo) dedicati all'arrivo delle Madri Orsoline a Gorizia, l'8 aprile 1672

Interno dell'Archivio storico delle Madri Orsoline e sala consultazione, come si presentava fino al 2015