Tra i sostenitori del progetto KADMOS occupa un posto di rilievo la goriziana Zollia Holding, riferimento finanziario di Brovedani Group, azienda friulana con sede a San Vito al Tagliamento, leader nel settore della subfornitura meccanica. Una storia cominciata nel 1947 a Pordenone, e dal 1972 decollata sotto la guida del goriziano Benito Zollia, che in cinque decenni ha trasformato un’officina con tredici dipendenti in un gruppo industriale con un migliaio di addetti, sei Società e otto unità produttive tra Italia, Messico e Slovacchia. Oggi Zollia Holding intende dare continuità a questo progetto d’impresa, importante non solo per il suo valore di mercato e per la sua dimensione internazionale, ma soprattutto per lo spirito che lo pervade e per il solido patrimonio di cultura aziendale che ne è derivato. Di questo, e della consolidata amicizia tra la famiglia Zollia e ICM, vogliamo parlare con Massimiliano Zollia, figlio di Benito e presidente di Zollia Holding.


Massimiliano, che cosa lega la meccanica, l’oggetto della vostra storia imprenditoriale, alla cultura promossa da ICM?

Direi: lo spirito umanistico e lo spirito di un luogo speciale, la nostra Gorizia. Mio padre, Benito, è un goriziano atipico, come qualcuno l’ha definito. In una città di eminenze culturali, lui ha scelto la strada dell’impresa: prima quella sportiva, diventando campione di pallacanestro a Gorizia, Milano e nella nazionale italiana; poi quella industriale, portando la tecnologia della Brovedani a conquistare il mondo, con la creazione di componenti meccanici (Ndr.: con precisioni al decimo di micron) fabbricati in grandi serie e diventati parti strategiche per prodotti di massa come i computer IBM degli anni Ottanta o gl’iniettori Diesel Common Rail, industrializzati con il contributo decisivo della nostra azienda. Nonostante le sue straordinarie avventure tecnologiche, mio padre resta un sincero umanista, che ha sempre cercato il contatto con l’altro, spingendosi senza paura e in anticipo sui tempi verso i mercati internazionali. Questa sua innata curiosità verso il mondo nasce forse dall’humus della nostra città, dalla vocazione “diplomatica” goriziana a comunicare con altri popoli e altre culture, derivante dalla nostra geografia di frontiera. E, in tal senso, la nostra famiglia ha sempre riconosciuto lo straordinario lavoro di ICM, promotrice degli “Incontri Culturali Mitteleuropei”. È proprio “incontro” la parola chiave che c’intriga.


Quali aspetti, nello specifico, vi hanno spinto ad adottare il progetto Kadmos?

Senza dubbio il circolo virtuoso tra cultura, impresa, creatività. Con Kadmos la divulgazione umanistica mitteleuropea di ICM si dota di un nuovo mezzo digitale. Non è poco. Come ha scritto Marshall McLuhan “The Medium is the message”. Quindi Kadmos finirà per essere una rivoluzione sostanziale, non solo strumentale, per ICM. Un’occasione, per esempio, per coinvolgere anche i giovani nel progetto. Una grande sfida di frontiera.


In che senso sfida di frontiera?

Nel senso “classico” inteso da ICM, perché ridarà nuova linfa alla vocazione di far dialogare, nelle differenti lingue madri, i popoli della Mitteleuropa, di creare una zona franca del pensiero, che deve essere ancorato al genius loci per esprimersi con profondità e con precisione.

Ma anche in senso “innovativo”, perché la costruzione di Kadmos stimola il superamento di confini obsoleti tra discipline: umanistiche, tecnico-scientifiche, artistiche. Kadmos sarà filosofia, storia, poesia, ma anche grafica, multimedialità, programmazione. In filigrana, sullo sfondo delle lingue e delle loro grafie, s’intravedono sequenze di “0” e di “1”. Questo comporterà anche compromessi, come per esempio l’uso (parziale) del traduttore automatico. Una sfida appassionante per la sua complessità, come quelle che piacciono a Zollia Holding.

Una sfida nuova che porta dentro di sé qualcosa di antico. Pensateci: “tecnologia” deriva dal greco “téchne”, “arte”, parola non a caso coniata dai Greci, padri del pensiero filosofico…


Quindi umanesimo e tecnologia non sono così lontani?

Non lo sono e non devono esserlo. L’uomo viene prima di tutto: è il principio, è il tramite, è il fine ultimo di ogni esperienza di valore. Intendo l’uomo nella sua individualità e, insieme, l’uomo con la sua umanità, con la sua socialità e con le sue connessioni.

Per questo, ciò che avvince di Kadmos è l’aspirazione a fare rete, a collegare persone e realtà, talvolta distanti tra loro, sia geograficamente, sia per specializzazione. Da parte nostra abbiamo fatto sì che in questo specifico progetto entrassero in gioco anche partner generalmente distanti dalle attività umanistiche di ICM, come il Consorzio di Sviluppo Economico Locale Del Ponte Rosso di San Vito al Tagliamento, dove operiamo.

Lavorare insieme non è un’impresa facile, è tuttavia una scelta cruciale. Lo abbiamo imparato dalla nostra esperienza d’impresa: il successo dipende quasi sempre dalla capacità di creare reti, solide e flessibili al tempo stesso.


Massimiliano, ci spieghi meglio questo concetto.

Molto spesso, oggi, confondiamo opportunità con opportunismo. Questo ci porta a imbastire aggregazioni temporanee, fragili, finalizzate solo al raggiungimento di obiettivi a breve o a brevissimo termine. Queste dinamiche, alla lunga, si dimostrano sterili, perché non consentono di elaborare quei processi profondi e prospettici che nascono solo dalla reciproca conoscenza, dalla fiducia, dalla stima conquistata e dalla stabilità dei rapporti tra persone. È importante aprire nuove finestre sul mondo, ma è altrettanto importante mantenere sane le fondamenta dell’edificio che si è fabbricato, continuando a sentirci a casa nostra.

L’innovazione, per diventare propensione innovativa e non ridursi a circostanza, non può prescindere dalla condivisione di valori e di un senso comune di più ampio respiro, dal sentirsi destinatari e responsabili portatori di un’eredità che ci trascende. Per questo la rete, per crescere bene, deve avere dei nodi stabili, dei punti di riferimento. La nostra azienda è innovativa da mezzo secolo, perché mio padre ha coltivato e cementato lo “spirito di squadra”, il dialogo tra esperienze e generazioni, lo scambio d’idee, sapendo che la vera ricchezza di ogni impresa è la stratificazione e la circolazione del capitale umano: quel capitale che non può evaporare nel mercato o diventare semplicemente “funzionale” a (spesso cinici) fini contingenti.

Questa mentalità, radicalmente umanistica, mi pare di ritrovarla anche nella concezione politico- sociale della cultura promossa di ICM e, in particolare, nelle finalità costruttive del progetto Kadmos, al quale non ci resta che aderire con fiducioso entusiasmo.

Da sinistra Massiliano, Alessandro, Benito e Valentina Zollia