Sauris: identità, comunità e misura

Che cosa lega gli abitanti di Sauris alle loro montagne, al loro splendido isolamento?
Qualche saurano, di fronte a questa domanda retoricamente romantica, preciserebbe innanzitutto come la parola “isolamento” sia impropria, perché Sauris non è isolata e non lo è mai stata, neanche in passato. Ha sempre avuto le sue strade, i suoi transiti e i suoi traffici commerciali: oggi esporta pregiati prosciutti affumicati, rinomate birre artigianali, e persino trote kosher… Un tempo burro, formaggi, khraut venivano barattati con cereali e prodotti provenienti dalla pianura e dal mare: mais, grano, fagioli e soprattutto sale, preziosissimo da queste parti.
Va, tuttavia, riconosciuto come Sauris non sia un posto comodo, amico di quella “velocità” che determina tante scelte di vita contemporanee: è a mezz’ora d’auto dal paese più vicino, Ampezzo, attraverso tornanti e strette gallerie che d’inverno possono diventare ostici. In estate, percorrendo strade secondarie, è a quaranta minuti da Laggio di Cadore e Forni di Sotto, a cinquanta da Pesariis. A questo si aggiunga l’altitudine della località, che ne fa uno dei comuni più elevati del Friuli Venezia Giulia, toccando i 1.400 metri nella frazione di Sauris di Sopra. Queste condizioni, obiettivamente, contrastano con l’onorevole tenuta demografica del comune, che negli ultimi quarant’anni si è attestato intorno ai quattrocento abitanti, dopo il crollo di popolazione dalle 885 unità del 1951 alle 466 del 1981. Contrastano, soprattutto, con una percezione di cura e di qualità della vita condivisa, con questi standard, solo con poche altre località della montagna friulana.

Eppure Sauris non è sempre stato così: ha vissuto periodi di decadenza e di “demoralizzazione”, in senso etimologico, di smarrimento dei propri “mores”, dei propri usi e costumi. Ci fu un tempo in cui i saurani vivevano il disagio di scendere a valle, di sentirsi alieni e “minori” rispetto agli altri carnici, a partire dal loro uso della zarhe sproche, la parlata di ceppo tedesco, così radicalmente distante dal friulano delle altre vallate della Carnia. Una minoranza germanofona, dunque, dentro la minoranza carnica, a sua volta incapsulata dentro la minoranza friulana nello Stato italiano…
Poi, a partire dagli anni Ottanta e Novanta, la percezione del concetto di “minoranza” è cominciata a mutare: nuove sensibilità e nuovi orientamenti politici hanno gradualmente portato alla valorizzazione e alla tutela linguistica delle minoranze, culminando con la Legge 482/1999.
I saurani hanno saputo cogliere, anzi anticipare, questa tendenza, avviando un vero e proprio “rinascimento” locale imperniato sulla propria identità culturale-linguistica, un fuoco ideale che ha illuminato e reso significativi i tratti distintivi del loro stile di vita e della loro cultura materiale. Pochi altri luoghi del Friuli Venezia Giulia hanno saputo interpretare questo cambiamento culturale con altrettanti vigore, creatività, impegno costruttivo.

Sauris ha rilanciato con orgoglio le proprie tradizioni, ridando vita a un’economia circolare, con una filiera possibilmente corta, che considera autenticamente il “nomos” dell’“ekos”, la “legge dell’ambiente”. Da queste parti si opera in sensibile sintonia con il genius loci, in un progredire mai disgiunto dall’essere e dall’essere stati, con un infallibile senso estetico ispirato da un profondo sentimento del paesaggio e da un bisogno di armonia con il preesistente.
Protagonista assoluto di questa economia è il legno, risorsa primaria di questo territorio. A Sauris il profumo del legno va a braccetto con il suono della zarhe sproche. Il legno, con le sue segrete virtù, è protagonista della gastronomia, grazie a quell’affumicatura diventata brand di Sauris e oggi “ingrediente” di svariati prodotti alimentari: i prosciutti e i salumi, i formaggi di malga, la birra e perfino le trote. Il legno è materia del costruire e dell’abitare: dalla silvicoltura alle segherie, a quell’artigianato che spazia dalla costruzione d’intere case fino alla manifattura di oggetti artistici. Il legno conferisce carattere e unicità allo straordinario “nucleo urbanistico” dell’Albergo Diffuso di Sauris di Sopra, concetto turistico fondato su una gestione comunitaria, nato da un’idea del poeta carnico Leonardo Zanier e applicato per la prima volta con successo proprio in questa località. Con il legno si fabbricano le tipiche maschere del riscoperto Carnevale saurano.
Intorno a queste vocazioni Sauris ha saputo crescere a piccoli passi anche come località turistica, proprio per la sua capacità di non essere artificialmente ed esclusivamente località turistica.
I saurani pensano e provvedono a sostenersi anche nelle grigie pause autunnali e invernali, quando la neve non cade copiosa, o nelle timide primavere, in attesa dei tripudi e dei movimenti estivi. Il solo Prosciuttificio Wolf occupa in modo permanente una cinquantina di persone, senza contare tante piccole o micro imprese artigianali che contribuiscono alla produttività di questo ingegnoso territorio, con attività differenziate e complementari, comprendenti anche le microcolture agricole di cereali e frutti di bosco, lo sfalcio, il mantenimento delle foreste, la monticazione. Una pratica figlia di un’economia di autosussistenza mai dimenticata, di un saper fare coltivato da secoli e mai abbandonato: l’arte di trarre dalla natura tutto quello che serve, di non buttar via niente, di essere sostenibili con i fatti, prima ancora che con le parole. Ma anche di trovare un sano equilibro tra risorse interne e opportunità provenienti dall’esterno. Di saper decidere insieme come Comunità operosa e creativa, orgogliosamente legata alle proprie radici linguistiche e culturali.

Oggi questo piccolo miracolo di alta quota continua a dare i suoi frutti. Verso la fine dello scorso anno Sauris è stato incluso tra i 32 borghi di 22 Paesi eletti Best Tourism Villages 2022 dall’Organizzazione Mondiale del Turismo delle Nazioni Unite (UNWTO) “finalizzato a premiare approcci innovativi al turismo nelle aree rurali, capaci di assicurare la salvaguardia dei piccoli comuni e dei loro paesaggi nel rispetto delle diversità naturali e culturali, dei loro valori e delle attività tradizionali”.
Tradizione e innovazione. Capacità di mantenere e volontà di divenire. In questa dialettica Sauris trova il suo alchemico humus vitale, il suo equilibrio ecologico e sociale, conquistato con scelte sempre caute e meditate. Come ha scritto Paolo Cognetti: “la montagna non è solo nevi e dirupi, creste, torrenti, laghi e pascoli. La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all’altro, silenzio, tempo e misura.”
Soprattutto misura. E respiro ampio e profondo.
