Si ringraziano per la gentile collaborazione Liana Burba e Gaetano Schneider.

La segheria Schneider si presenta con discrezione, lungo la strada che sale ad ampi tornanti a Sauris di Sotto, in un angolo di natura appena “contaminata”, con grazia e rispetto, dal lavoro dell’uomo. Da queste parti la natura è cosa seria e concreta, insieme madre e matrigna. Dà la vita, le risorse essenziali prima per campare, poi per progredire. Ma è anche in agguato, con le sue intemperanze, le sue esagerazioni, le sue escursioni dalla norma. Lo sanno bene Gaetano e la moglie Liana, che la notte del 30 dicembre 2008 hanno visto crollare il tetto della loro segheria sotto una copiosa nevicata, con tre metri di neve caduta in poche ore e appesantita dalla pioggia portata dallo scirocco.

Dieci anni dopo, il 24 ottobre del 2018, la natura avrebbe ribadito il suo potenziale dominio sulle attività dell’uomo. Quella notte interminabile la tempesta Vaia infuriò sulle montagne del Trentino, del Veneto e del Friuli, senza risparmiare Sauris. Durante le prime ore battute da una pioggia furente accompagnata dai sibili del vento, gli Schneider fecero tutto il possibile per mettere in salvo la fabbrica e le macchine da un tumulto d’acqua che s’insinuava ovunque. Poi, impotenti, si arresero e decisero di barricarsi nella loro casa dalle mura spesse, lasciando che il flagello facesse il suo corso. Dopo un’interminabile attesa, rievocata con le tinte fosche di un film del terrore, alle prime luci dell’alba, come al risveglio da un incubo, si fecero coraggio e aprirono le imposte, per prendere coscienza dello stato delle cose, convinti che la segheria dall’altra parte della strada fosse stata rasa al suolo o, quantomeno, scoperchiata. Per fortuna, le previsioni furono disattese. La natura, almeno in quella circostanza, era stata clemente con loro: la fabbrica era ancora salva e al suo posto, pronta per rimettersi in moto con qualche aggiustamento. Tuttavia, le enormi quantità di alberi (si parla di 14 milioni di piante!) abbattuti o danneggiati da Vaia nelle Alpi orientali, combinate con il riscaldamento climatico che è tra le cause di queste catastrofi, avrebbero creato le condizioni ambientali perfette per un altro disastro, meno “spettacolare” ma più tenace: la proliferazione di un piccolo intruso che sta pazientemente danneggiando il patrimonio boschivo di questo territorio, con una particolare predilezione per gli abeti rossi.

La segheria Schneider lungo la strada per Sauris di Sotto. Foto di Daniele Tibaldi

Ci riferiamo al Ips thypographus, più comunemente noto con il nome di bostrico. Questo coleottero, grande metà di una mosca, si annida sotto le superfici degli alberi creando veri e propri labirinti che interrompono il flusso della linfa, decretando così la rapida morte delle piante e la compromissione della qualità dei legni, come ci spiega Liana: mentre ci mostra le sezioni di abeti rossi attaccati dai bostrici, con la sua energia e il suo entusiasmo pare contemporaneamente rassicurarci sulla volontà e la capacità di resistere dei Saurani, nonostante tutto.
La natura, sembra comunicarci, va sì temuta e seriamente considerata, ma al tempo stesso è la misteriosa ragione che ha radicato questa gente in questa terra, con la sua austera bellezza che diventa struggente sul far della sera di questa giornata di fine ottobre.

Gli effetti devastanti del bostrico, che intacca il legno di abete. Foto di Romeo Pignat

La segheria degli Schneider, avviata nel 1991 da Gaetano con il sostegno di Liana, è un’attività relativamente giovane, ma è anche il frutto di una passione che da più generazioni lega questa famiglia al legno e alle foreste, come boscaioli o tecnici nel mondo della silvicoltura. Ennio, il papà di Gaetano, era un esperto di funi per le teleferiche usate per il trasporto dei tronchi e di attrezzi e materiali impiegati nei boschi, godendo di una reputazione che lo faceva viaggiare in tutta Italia, dalle Alpi agli Appennini. Un mestiere qualificato, si direbbe oggi: un modello di competenza e di dedizione trasmesso al figlio e la cui impronta traspare nella gestione razionale e innovativa della segheria: “fare cose vecchie in modo nuovo” potrebbe essere il motto degli Schneider.

Il ciclo di lavorazione della segheria comprende la segatura dei tronchi, provenienti in buona parte dai boschi di Sauris e di altre zone della Carnia; lo smistamento dei semilavorati; la rifilatura delle tavole; lo stoccaggio del prodotto finito. Durante la produzione, spiega Liana, “non si butta via niente”. Gran parte degli scarti è destinata a diventare cippato, legno ridotto in scaglie che viene perlopiù consegnato alle centrali termiche a biomasse. Una parte più piccola diventa pellet, prodotto sia internamente dalla segatura asciutta, sia da terzi.

Il pellet, sottoprodotto di un ciclo di lavorazione sostenibile. Foto di Romeo Pignat
Il pellet confezionato e pronto per l’uso. Foto di Daniele Tibaldi

L’attenzione verso la sostenibilità per gli Schneider non è parola vacua, è stile di vita.

“Siamo stati tra i primi – precisa con orgoglio Liana – a introdurre da queste parti un impianto di teleriscaldamento, già una trentina di anni fa, sfruttando gli scarti di lavorazione della segheria per riscaldare la nostra casa, attraverso un condotto che fa arrivare a 79°C il calore generato a 80°C, con una dispersione termica quasi nulla! Allora, per raggiungere questo eccezionale risultato, ci eravamo impegnati a fondo per trovare sul mercato una caldaia efficiente. L’impresa non fu facile, ma lo sforzo è stato ampiamente ripagato.

La ricerca delle migliori tecnologie, dei macchinari più innovativi e funzionali, è anche l’aspetto più affascinante, complesso e rischioso del nostro lavoro, dove si mettono in gioco cospicui capitali e non possiamo permetterci di sbagliare. Grazie a questa mentalità, a un ponderato ottimismo che ci sospinge sempre verso il futuro, ora la nostra segheria è un’azienda moderna, con processi fortemente automatizzati nelle fasi di taglio e rifilatura.”

“Ormai prossimi alla pensione, io e Gaetano avevamo pensato di fermarci qui, di lasciare ai nostri figli le prossime incombenze. Poi ci siamo resi conto che mancava ancora un tassello per un passaggio generazionale fatto come Dio comanda.” È importante comprendere cosa significhi gestire un’impresa di famiglia a Sauris. Il figlio Massimo e la nuora Jessica operano in produzione. La figlia Simona gestisce un magazzino di legname a Majano, in pianura, e cura la contabilità a distanza. La famiglia-azienda è unita, ma il pensionamento di due colonne portanti per l’attività lascerà un vuoto difficilmente colmabile, in particolare nella fase di lavoro ancora manuale: l’accatastamento. Soprattutto, non sarà facile rimpiazzare Gaetano: una “forza della natura”, nonostante l’età. Bisognerebbe trovare qualcuno come lui, che sappia pensare con le mani. Che abbia la volontà d’intraprendere un lavoro faticoso, rumoroso, polveroso, responsabilizzante. Che sia disposto a trasferirsi a Sauris, con costi e affitti da località turistica. Soprattutto che accetti la montagna, con le sue strade, i suoi inverni, i suoi silenzi… Certamente è meno impegnativo “assumere a tempo indeterminato” due robot che non si pongono problemi esistenziali e possono essere addestrati per il lavoro di fatica. Il 2022 si è quindi concluso con l’ennesimo investimento di Gaetano e Liana, volto a robotizzare la logistica, per far sì che i figli e la nuora possano liberarsi dalle incombenze più gravose e concentrarsi sulle attività strategiche: dalla programmazione delle macchine alla gestione commerciale. Babbo Natale ha così bussato alle porte della segheria con i due “neoassunti” pagati con congruo acconto e pronti per l’apprendistato.

Il processo di segatura automatizzato. Foto di Daniele Tibaldi

Il futuro, anche a costo di compromessi digitali, a Sauris continua ad avere il profumo del legno e il calore del focolare domestico, è strenua difesa della continuità, delle radici, della famiglia.

La segheria Schneider continua a lavorare tronchi di abete e di larice per un mercato prettamente italiano, con molti clienti in Friuli Venezia Giulia, producendo sia tavole per carpenteria, sia materiali rifiniti per tetti e tettoie, pavimenti, perlinati, gazebi. Prodotti che racchiudono in sé la sapienza artigiana della Carnia e di Sauris. “Proprio domani”, ci spiega Liana, “partirà un camion con le nostre realizzazioni per costruire una baita sullo Zoncolan.” I suoi occhi quasi s’illuminano a immaginare come il legno fabbricato con le loro mani, le loro macchine, la loro intelligente passione, si poserà sui pendii punteggiati di faggi, di abeti, di larici, contribuendo a tenere vivo il sentimento di un territorio e la sua spiritualità, la ragione vera e profonda che combatte contro gli inverni, la neve, le frane, il freddo, la fatica, Vaia, il bostrico… e contro tanti luoghi comuni.