Giovedì 25 novembre

I Sessione ore 10.00

Presentazione del Convegno e saluti programmati delle Autorità:

Nicolò Fornasir, Vicepresidente dell’Istituto per gli Incontri Culturali Mitteleuropei

Diego Bernardis, Consigliere Reg.le XII Legislatura e Presidente V Commissione Cultura

Prolusione generale:

Fulvio Salimbeni, Presidente dell’Istituto per gli Incontri Culturali Mitteleuropei

Presenta e coordina:

Antonia Blasina Miseri, Presidente della Società Dante Alighieri – Comitato di Gorizia

II Sessione ore 16.00

Introduce e modera:

Stella Marega, caporedattore di Kadmos

Interventi di:

Alberto Cavaglion, Università degli Studi di Firenze

Pierfranco Bruni, scrittore

Lidia Caputo, Università degli Studi del Salento

Miha Kozorog, ZRC SAZU

Igor Tuta, pubblicista, nipote di Ljubka Šorli

Arpad Szakolczai, Professore emerito della University College of Cork

Gabriele Zanello, Università degli Studi di Udine

Venerdì 26 novembre

III Sessione ore 10.00

Introduce e modera:

Giulio Maria Chiodi, Università degli Studi di Pavia

Interventi di:

Suzana Glavaš, Univ. degli Studi di Napoli – “L’Orientale”

Neva Makuc, ZRC SAZU – Research Centre of the Slovenian Academy of the Sciences and Arts

Ana Toroš, Univerza v Novi Gorici

Norbert Matyus András, Università cattolica Pázmány Péter (Budapest)

Danila Zuljan Kumar, ZRC SAZU – Research Centre of the Slovenian Academy of the Sciences and Arts

Kristjan Knez, Centro Italiano “Carlo Combi” (Capodistria)

IV Sessione ore 16.00

Introduce e modera:

Elena Guerra, Centro Ricerca Intelligenza Artificiale e Filosofia

Hans Kitzmüller, germanista e scrittore

Pierfranco Bruni, scrittore

Egyd Gstättner, scrittore

Antonella Gallarotti, bibliotecaria, già responsabile dell’Ufficio manoscritti e del Fondo Carlo Michelstaedter

Dialogo aperto tra scienza e filosofia:

Andrea Vacchi (Università degli Studi di Udine), Elena Guerra (CRIAF), Alessandro Arbo (Università di Strasburgo) e Giulio Maria Chiodi (filosofo)


Igor Tuta

INTERVENTO DELLA SECONDA SESSIONE
Potete seguire questo intervento e quello degli altri relatori della II sessione, a partire dalle ore 16.00 di giovedì 25 novembre 2021

LA MULTIETNICITA’ DI CONFINE NEI RIFLESSI DI UNA SENSIBILITA’ POETICA.
LA POESIA DI LJUBKA ŠORLI.

Gentili signore e signori,

Vorrei iniziare questa mia riflessione sull’ispirazione artistica e la sua importanza per la comunità goriziana della poetessa slovena Ljubka Šorli fissando le coordinate della sua vita. Devo poi premettere che sono molto legato alla poetessa per via familiare (Ljubka è stata sorella di mia madre) e per le sue allegre e coinvolgenti poesie per i bambini che ho avuto modo di leggere fin dai primi anni delle elementari. In quei primi anni cinquanta Ljubka Šorli ha pubblicato con continuità le sue poesie per i bambini nella rivista Pastirček (Il pastorello) dedicata agli alunni delle scuole elementari slovene di Trieste e Gorizia. Oltre a ciò ogni tanto mi arrivavano per posta da Gorizia delle cartoline illustrate con le poesie della zia scritte ed indirizzate a me. Si può capire che per un bambino questo tipo di coinvolgimento si colloca più che su un piano di rispetto, su un rapporto di cordialità e di amicizia coinvolgente.

Ljubka Šorli, che Celso Macor ha definito una delle voci più delicate della lirica slovena d’oggi, è vissuta lungo tutto il difficile XX secolo. E’  nata a Tolmino nel 1910 e si è sposata ventitreenne con il musicista e il direttore dei cori Lojze Bratuž nel 1933. Poi si è trasferita a Gorizia dove a parte alcuni brevi periodi ha vissuto, ha lavorato come insegnante nelle scuole elementari di lingua slovena e ha creato il suo meraviglioso mondo poetico fino alla morte nel aprile del 1993. Ha attraversato un secolo non certo facile e non certo edificante per un animo sensibile come il suo. Aveva appena cinque anni quando è scoppiata la prima guerra mondiale con la valle d’Isonzo in mezzo al fronte dei combattimenti. Come tutti ha dovuto subire dopo la guerra le decisioni di un regime autoritario che voleva trasformare le terre di confine cancellando fisicamente una cospicua parte etnica. Una tragedia sociale e umana che è sfociata nella ancora più cruenta seconda guerra mondiale durante la quale la poetessa stessa e tutta la sua famiglia hanno dovuto subire tragedie al limite della pura e semplice sopravvivenza. Per finire poi in un periodo segnato dalla cortina di ferro, che ha tagliato proprio a Gorizia le case dalle case, famiglie dalle famiglie e due mondi del tutto diversi, quello occidentale democratico da quello orientale di regime comunista. Anche gli anni novanta hanno lascito segno nelle poesie di Ljubka Šorli. E’  morta infatti due anni dopo la fine della cortina di ferro e l’inizio di una nuova era con il nuovo  Stato della Slovenia non più vincolato ai compromessi balcanici, ma con una sua storia, una sua cultura e una sua lingua. La poetessa ha avuto il tempo sul viale del tramonto di scrivere una delle sue ultime poesie dedicata alla nuova realtà, piena di fiducia e di speranza per il futuro.

In questo quadro storico si inserisce la vita di una ragazza sensibile, vivace, musicista (fin da piccola suonava il violino) e molto socializzante, come tutti i membri della sua famiglia. Anche da giovane sposa non le sono venute a mancare queste stesse aspirazioni giovanili. Desiderava avere una famiglia bella, vivace e allegra. Subito dopo il matrimonio sono nati i due figli, nel 1934 Lojzka e nel 1936 Andrej. Tutto sembrava procedere per il meglio. Ma la sorte ha deciso diversamente. Non sto qui a ripetere le ben conosciute dolorose vicende della famiglia Bratuž con la morte per avvelenamento fascista nel 1937 di Lojze e le torture subite dalla poetessa nel 1943 a Trieste dalla banda Collotti dell’Ispettorato Speciale di Pubblica Sicurezza per la Venezia Giulia.

Ho voluto ricordare questi due dolorosi momenti per ribadire che nonostante queste ed altre ingiustizie subite da lei e dalla sua famiglia la poetessa ha sempre voluto differenziare le responsabilità del regime e dei singoli tristi personaggi dalla maggioranza dei concittadini onesti e leali sia italiani che sloveni che friulani. Anzi con questi ultimi ha avuto in tutti gli anni del dopoguerra un rapporto leggermente privilegiato per la loro posizione di minoranza. Anche i figli hanno seguito questa strada: Lojzka è diventata professoressa universitaria a Udine e scrittrice di diversi libri di storia letteraria di Gorizia e Andrej, musicista, professore liceale e per un periodo anche assessore al Comune di Gorizia.

Ljubka Šorli ha ricevuto dalle fate al momento della nascita un grande dono, la sensibilità artistica e la musicalità della parola. Fin dall’infanzia ha avuto la capacità, di intuire,  di pensare e di esprimersi in modo semplice, chiaro e scorrevole. Per questa ragione le sue poesie fin dai primi tentativi a sedici anni, sono facili da leggere e da capire perché sono scritti con un ritmo melodioso. Ed è proprio questa scioltezza la caratteristica che ha fatto decidere molti, anzi moltissimi musicisti di scegliere le sue poesie per musicarle. Fino ad oggi ben 42 musicisti hanno musicato più di 300 poesie della poetessa goriziana. Tra i nomi citerei solo alcuni. Oltre il marito Lojze e il figlio Andrej il grande Vinko Vodopivec, Ivo Bolčina, Mirko Filej e Stanko Jericijo e tra i giovani Patrick Quaggiato.

Ljubka Šorli da giovane leggeva molti libri. In quegli anni la Mohorjeva di Klagenfurt e alcune editrici di Ljubljana pubblicavano ogni anno libri per i giovani, dei racconti, romanzi e raccolte di poesie. Alla giovane Ljubka era particolarmente vicino il mondo poetico di Simon Gregorčič di Kobarid, poeta lirico, innamorato del paesaggio montano della Alta val d’Isonzo e poeta della gente semplice,  lui stesso in ricerca perenne della libertà e della giustizia. In seguito la Šorli ha avuto modo di conoscere la poesia di un altro poeta sloveno Oton Župančič, grande esteta, grande poeta della realtà sociale e grande traduttore. Anche Župančič ha dedicato molte delle sue poesie al mondo infantile e alle piccole cose quotidiane. La stessa poetessa ha dichiarato in un’intervista di aver imparato a memoria tutte le sue poesie della raccolta Čaša opojnosti (Il calice inebriante).

Ma a questi due grandi poeti della letteratura slovena vorrei aggiungere la figura predominante di Dante Alighieri che è stato uno dei maestri della giovane poetessa in particolare per la perfezione raggiunta nell’uso della forma poetica dei sonetti,  sonetti che sono divenuti la forma prediletta anche della Šorli. Infatti ne ha scritti oltre 250, il numero più alto tra le poetesse slovene. Con i sonetti ha scritto anche due serti, una composizione di 14 sonetti e il magistrale. La stessa poetessa ha dichiarato nell’intervista citata che un altro poeta italiano a lei molto vicino è stato Leopardi per la sua visione della gente, del mondo e dell’infinito.

Prima timidamente e poi con sempre più forza e decisione la Šorli ha creato un suo mondo poetico che a tutt’oggi comprende ben 1050 poesie di cui appena un terzo pubblicato nei dieci libri usciti finora. Solo una trentina sono state tradotte in italiano. Dunque una poetessa ancora da scorire, poco conoscita in Slovenia, perchè non gradita al regime precedente per le sue poesie religiose, ed è quasi sconosciuta in Italia. Prima di adentrarmi nella tematica delle sue poesie vorrei citare una di esse intitolata Moja pesem – Il mio canto, che è un motto del suo mondo poetico.

Moja pesem ne utira
novih, drznih si poti:
stvarstvo božje v vseh odtenkih
njenim strunam govori.
Ne potaplja se v globine
in ne sili v visočine.
Skozi srečo in gorje
pesem moja eno išče:
pot v človekovo svetišče,
ki mu pravimo
Srce

Il mio canto non percorre
strade nuove e audaci:
il creato nell’insieme
alle sue corde parla.
Non sprofonda negli abissi
e non spinge sugli eccessi.
Tra felicità e dolore
il mio canto porta solo
verso il santuario umano
che si chiama
Cuore

Tra i motivi fondamentali della sua poetica troviamo in primo luogo  poesie legate alla natura in tutte le stagioni. La natura e l’ambiente sono state per lei motivo di ammirazione e di rifugio nei momenti difficili. Da ragazza viveva in un piccolo paradiso alpino tra l’Isonzo e le montagne circostanti. Lei ed altri bambini giocavano ogni giorno sulle rive della Tolminka  con le sue acque azzurre. Ma quello che le piaceva di più erano i prati circostanti con la variopinta flora alpina. Un rapporto di rispetto e di ammirazione che le è rimasto per tutta la vita e che ha trovato ampio respiro nei suoi versi. In una poesia per esempio ammira a Gorizia un campo di papaveri rossi lungo la strada per il cimitero. In un’altra resta impressionata dai primi bucaneve bianchi che cercavano di sopravvivere tra le zolle di neve. In quel primo fiore timidamente apparso nella neve la poetessa ha visto un tentativo di lotta per la sopravvivenza e per la vita. Oppure un piccolo passerotto che si posa sulla finestra della classe e tutti gli alunni, maestra compresa,  gli invidiano la libertà e la spontaneità. Oppure ancora l’incontro di due fiumi, Isonzo e Vipacco, che si incontrano sotto Savogna per raccontarsi le proprie storie e le proprie esperienze.

L’ambiente naturale è stato per la poetessa un luogo di silenzio e di meditazione, ma anche di pace e di gioia nell’ammirare i colori dei fiori campestri,  la maestosità degli alberi secolari e la vivacità della fauna locale tra uccelli, caprioli, rondini e scoiattoli. Si tratta di una ricchezza della natura dalle più piccole cose di pascoliana memoria alla visione del creato nel suo insieme. Una gioia alla quale la poetessa ha voluto costruire con i suoi versi un monumento eccezionale e un invito a tutti noi per avere più rispetto e più attenzione nei confronti della grande madre.

Ecco, siamo arrivati ad un altro tema fondamentale della sua poetica. La madre, che rappresenta il centro di una famiglia, la madre che con amore e dedizione crea con l’uomo le basi di una casa serena e felice, la madre che genera figli per garantire il nostro futuro, la madre che con il proprio ingegno inventivo sa trovare spazio anche per la propria creatività. Abbiamo visto che la Šorli sa vedere perfino nella natura la madre che stringe a se i propri figli, li rassicura, li rallegra e sa infondere loro la pace e la sicurezza. Ma la poetessa allarga poi il concetto della madre anche nel senso trascendentale poiché nella dimensione religiosa oltre al Creatore e suo Figlio è la madre Maria che funge da un insostituibile anello di collegamento tra l’uomo e il divino. Ma di questo parlerò in seguito.

Un altro tema fondamentale della poetica della Šorli è il mondo infantile. Per i bambini la poetessa era disposta a dare tutto, anche se stessa. Non per niente nonostante gli studi commerciali ha scelto il ruolo di maestra non appena ha potuto . Pensate che per realizzare questo suo sogno, che poi è divantato una missione, nel 1946 per seguire i corsi di formazione educativa scendeva ogni giorno in bicicletta da Tolmino a Gorizia per ritornarvi nel pomeriggio. Ai bambini ha dedicato in seguito centinaia di poesie scritte con una delicatezza ammirevole, con una sesibilità e con un amore profondo, ma anche con spensieratezza ed allegria. Vorrei citare solo due esempi. Il chiericchetto che durante la funzione in chiesa dimentica di servire la messa a causa di un ragno che stava tessendo la sua tela sul candelabro soprastante, oppure il piccolo Pierino che sotto gli occhi sornioni del padre immerge il ditino nel suo bichiere per assaggiare per la prima volta il sapore del vino.  Spesso e volentieri la poetessa ha inserito i giochi dei bambini nel verde della natura, combinando insieme questi due mondi, questi due amori, a lei tanto cari.

Ljubka Šorli proveniva da una famiglia religiosa e per lei è stato naturale non fermarsi all’esistente ma cercare una risposta alle grandi domande di sempre: chi siamo e dove andiamo, quale è il termine ultimo della nostra vita. Come persona sensibile non si soffermava solo alle pratiche di una religiosità esterna, ma si poneva delle domande, cercava di capire, di darsi delle risposte sugli aspetti trascendentali. La sua fede però  è entrata in una crisi dopo le tragiche vicende della sua vita. Se Dio è bontà infinita come mai ha permesso dopo soli tre anni di matrimonio la morte violenta del marito e poi durante la guerra la lontananza dai figli e le torture indescrivibili subite da lei stessa? Questa difficile domanda l’ha espressa in una poesia scritta nel campo di concentramento a Sdraussina nel 1944.

Zakaj si toliko mi dal gorja,
neskončni Bog, ki si dobrota sama?
Kako sem bala se, da bo med nama
nastal prepad brez konca in mejà.

Perchè tanta mi hai dato sofferenza,
Dio immenso, che di bontà sei l’essenza ?
Temevo tanto che si aprisse tra noi
un abisso senza limiti e fini.

La risposta la poetessa l’ha trovata poi nella figura della madre di Gesù Maria, alla quale hanno anche ucciso il figlio innocente. Maria però non è caduta in disperazione, anzi nei secoli è diventata simbolo di speranza e di vita. Da allora la figura della Madre di Dio è diventata una presenza costante nelle poesie religiose della Šorli. Però più che una figura divina Maria è stata presentata come madre. Una madre premurosa per il piccolo Gesù, come ha raccontato in una dolce poesia quando una sera nella basilica di Monte Santo dopo una giornata di pellegrinaggi il bambino era stanco e la madre lo mise con una carrezza a dormire. Ma nelle poesie della Šorli Maria è anche una Madre premurosa per tutti i fedeli che si rivolgono a Lei per il conforto e la consolazione.

E siamo arrivati all’ultimo tema fortemente sentito dalla poetessa e spesso presente

nelle sue poesie. Si tratta delle proprie radici, dell’appartenenza alla propria comunità nazionale e sociale, al rispetto della propria lingua.  Di questo argomento, comune a quasi tutti i grandi artisti di tutti i tempi (pensiamo per esempio al profondo ragionamento di Dante nel De vulgari eloquentia) anche Ljubka Šorli aveva idee molto chiare. Bisogna partire dalle proprie radici, conoscere bene se stessi e l’ambiante dal quale si proviene, l’ambiente familiare e sociale che ci ha modellato, che ci ha fatto crescere e ci ha fatto diventare cio’ che siamo, persone creative, meditative ed operative. Solo conoscendo bene se stessi si può capire meglio gli altri sia quelli a te più vicini dello stesso gruppo etnico, ma anche tutti gli altri che possono offrire nuovi, diversi e e spesso molto validi spunti per una crescita umana e sociale.

Vivendo in una comunità multietnica la Šorli ha inteso sempre ed ha apprezzato ed accettato la diversità linguistica e culturale come un valore aggiunto della crescita personale. Non le è stato facile insistere in questo suo convincimento considerato il periodo (anni bui del fascismo che voleva cancellare gli alloglotti) sia il luogo (la presenza del confine con i suoi limiti e i suoi odi).  Ma la poetessa, nonostante le tragedie e le ingiustizie subite, non ha mai ceduto al sentimento dell’odio e della vendetta. Il suo era un mondo proiettato in un futuro migliore che tutti siamo chiamati a costruire, un futuro che non deve essere appesantito dalle scelte del passato e dalle strade a vicolo cieco. Ecco perchè nelle sue poesie non si trovano mai delle parole pesanti, dei concetti di esclusione o di un senso di rifiuto degli altri. Anzi.

A Gorizia negli anni del dopoguerra ha trovato modo di incontrare personaggi di cultura italiana aperti al dialogo. Ha collaborato poi con le riviste come Iniziativa Isontina, che nei numeri delle festività le pubblicava le poesie in originale e in traduzione. Vorrei come esempio ricordare le parole di profondo rispetto su di lei in alcuni scritti sulla letteratura goriziana da Sergio Tavano. Oppure la frase »Ciò che di umano e di estetico si poteva dire di Ljubka Šorli è uscito mirabilmente dalla penna e dal cuore di Cerso Macor, la cui prefazione al libro Canti spezzati sottoscrivo riga per riga« parole scritte in una lettera ai famigliari da Fulvio Tomizza. A questo proposito va ricordato anche il riconoscimento formale che nel 1979 l’allora arcivescovo Pietro Cocolin ha voluto consegnarle con il documento vaticano Pro Ecclesia et Pontifice. Questi sono tre degli esempi di una ricca serie di attenzioni del mondo italiano nei confronti della poetessa, attenzioni evidenziate dal prof. Zoltan Jan di Nova Gorica nella sua attenta ricerca intitolata Ljubka Šorli tra gli italiani che conclude con queste parole: »Intorno al mondo poetico di Ljubka Šorli sono nate delle nuove dimensioni di scambi tra le creazioni artistiche slovene, italiane e friulane senza le quali saremmo tutti più poveri«.

Alla fine di questo mio ragionamento, troppo breve e sintetico per poter essere esaustivo, vorrei auspicare in futuro altri passi nella direzione di reciproca conoscenza e reciproco rispetto, anche con altre pubblicazioni e traduzioni e forse con altri convegni per raggiungere in questa area multietnica nuovi momenti di creatività per una convivenza più serena e felice. Questo è stato il grande sogno di artisti goriziani tra i quali anche la poetessa Ljubka Šorli. Vorrei esplicitare questo sogno con le sue stesse parole espresse nella poesia Razmišljanje – Riflessione.

Ko bo svet pregnetla misel zdrava
in ljubezen stala bo najviše,
vzklili bodo mir, svoboda, sprava.

Quando poi nel mondo si faranno strada
nuove sane idee, e l’amore vero,
allora pace, libertà, concordia vinceranno.

Grazie per la vostra attenzione.