Lidia Caputo
INTERVENTO DELLA SECONDA SESSIONE
Potete seguire questo intervento e quello degli altri relatori della II sessione, a partire dalle ore 16.00 di giovedì 25 novembre 2021
Il cosmopolitismo dantesco nell’Epistola settima ad Enrico VII di Lussemburgo
Nell’Epistola VII che Dante scrive ad Enrico VII di Lussemburgo, “sanctissimo gloriosissimo atque felicissimo triumphatori” (al santissimo, gloriosissimo e felicissimo trionfatore), il 17 aprile 1311, mentre l’imperatore stava assediando la città ribelle di Brescia, l’Alighieri non solo si presenta come fiorentino esiliato ingiustamente (“exul immeritus”), ma “universaliter”(universalmente), a nome di tutti coloro che desiderano la pace (“qui pacem desiderant”).
Fin dall’intestazione dell’epistola si delinea la dimensione universale del suo contenuto, che non appare esclusivamente legato ad un episodio storico contingente, ossia la discesa di Enrico in Italia, come la maggior parte degli studiosi ha evidenziato, bensì ad un’investitura religiosa dell’imperatore, “Divina Providentia Romanorum Regi et semper Augusto” (Per opera della Divina Provvidenza Re dei Romani e sempre Augusto), per portare la pace sulla terra”. Questa lettera costituisce un documento di straordinaria importanza storica, politica e letteraria, poiché, insieme alle epistole quinta e sesta, anch’esse legate alla discesa di Enrico VII in Italia, mette in risalto non solo l’ideale di un Impero sovranazionale e universale, ma illumina l’intensa azione politica, diplomatica e organizzativa del Sommo Poeta.
Nelle tre epistole menzionate, in primis nella settima, l’Alighieri intende oltrepassare i suoi interessi “particulari”, legati ad un ambito cittadino o regionale per aprirsi ad una visione etico-politica di respiro internazionale e universale . Dante interpella e interroga non solo l’imperatore, ma anche se stesso, su come attuare nella società e nelle relazioni tra i popoli i valori cristiani della concordia e dell’amore per la piena realizzazione della Pax cristiana. Di questa visione cosmopolitica Dante viene considerato il più illustre interprete e fautore, tanto da suscitate la viva ammirazione del Petrarca, nonché degli umanisti italiani ed europei, come Erasmo da Rotterdam. Tale concezione di fratellanza universale in nome degli ideali della civiltà classica e cristiana è stata teorizzata in seguito durante l’Epoca dei Lumi, perseguita inutilmente dalle campagne napoleoniche, attuata parzialmente dalla Società delle Nazioni e dell’ONU.
Il sommo poeta conferisce alla sua petizione ad Enrico una straordinaria vis dramatica, sapientemente temperata dall’ars dictandi che, come sottolinea Angelo Jacomuzzi nella sua introduzione alle Epistole, ha i suoi massimi modelli nell’epistolografia monastica, della Curia romana e della Magna Curia di Federico II di Svevia. Preponderante è, a mio avviso, anche l’influsso di Cicerone, di Virgilio, di Lucano citato nel quarto capoverso, ma anche dei Padri della Chiesa.
Lecce, 16/11/2021
Lidia Caputo
Ph. D. in Etica, Antropologia, Storia e Fondazione
Università del Salento-Lecce
[email protected]
tel. 340 6613711